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Dopo aver scampato 3 nuove ondate di crediti deteriorati (NPL e NPE), riusciremo a scampare anche la quarta? È con questa domanda che si chiude la 15° edizione del CVDAY, evento con l’obiettivo di trovare punti di contatto tra Credit Management e Real Estate, per delineare un ecosistema nuovo e sempre più strategico per l’intero comparto economico-finanziario.
Due anni di pandemia, l’aumento dei tassi di interesse e dell’inflazione, il rincaro dei costi dei materiali e delle forniture energetiche hanno impattato in maniera decisiva sui settori della Credit Industry e del Real Estate, al punto da domandarsi quale sia il loro stato di salute e quali saranno le dinamiche che coinvolgeranno nel prossimo futuro l’intera filiera.
Previsioni del mercato dei crediti deteriorati NPE
In base alle previsioni della Commissione Europea, lo scorso febbraio le aspettative di crescita del PIL per l’Italia al 2023 erano del 2,3%, percentuale che a novembre 2022 è crollata allo 0,3%. Tutto questo mentre l’inflazione continua la sua inarrestabile crescita, passando dal 6,5% di marzo 2022 all’11,8% di ottobre 2022.
Allargando la finestra temporale, si nota inoltre che gli NPE sui bilanci delle banche sono passati da 92 miliardi nel terzo quadrimestre del 2021 a 68 nel primo semestre 2022, evidenziando maggiore solidità delle banche. Dato che, per quanto positivo, non scongiura il pericolo di una nuova ondata di crediti problematici. Sebbene anche i nostri vicini europei abbiano esposizioni rilevanti in valori assoluti, il profilo di rischio del sistema italiano si presenta infatti più alto.
A giugno 2022, il 3,5% dell’NPE ratio lordo italiano si contrapponeva all’1,8% della Francia, l’1% della Germania e il 2,8% della Spagna (contro una media UE dell’1,8%). Nonostante questo, lo stock di NPE italiano sfiorava i 67,8 miliardi di euro, mentre quello francese superava i 109 miliardi e quello spagnolo raggiungeva i 79. Dal punto di vista dei crediti Stage 2 l’Italia vanta un ammontare di 255 miliardi di euro contro i 487 francesi, i 219 tedeschi e i 155 spagnoli.
Gestione e Recupero dei Crediti deteriorati
Negli ultimi sette anni si è fatto tanto per la gestione e il recupero dei crediti deteriorati ed è per questo indubbio che, essendosi ormai creata una vera e propria industry del debt servicing con oltre 300 miliardi di euro in gestione e circa 15mila risorse impiegate, una nuova ondata – per quanto preoccupante – finirebbe per avere un impatto minore sul sistema bancario e finanziario del Paese.
Questo anche grazie al fatto che banche e servicer hanno un rapporto sempre più consolidato, al punto che oggi le prime 5 banche italiane hanno un accordo di lungo periodo per la gestione di NPE con player specializzati.
Sono infatti proprio la specializzazione e l’industrializzazione unita all’automazione dei processi le chiavi per gestire la crescente mole di crediti in circolazione sul mercato italiano (si stima che gli NPE – compresi quelli ceduti ad investitori – ammontino a 340 miliardi). Tutto questo anche alla luce di un repentino sviluppo del mercato secondario, che già da quest’anno è diventato a tutti gli effetti teatro di numerose transazioni.
Quella della credit collection è un’industria basata sulla tecnologia, il cui compito è quello di trovare un punto d’incontro tra margini di guadagno sempre più ridotti ed aspettative sempre più elevate. Una complessità con la quale ogni singolo servicer dovrà fare i conti.
Fondamentale sarà inoltre la gestione dei crediti vivi che per essere efficace necessita di un ripensamento ulteriore dei modelli operativi facendo ricorso a tutte le possibili soluzioni offerte dalle nuove tecnologie, dall’Intelligenza Artificiale al machine learning. Trovare una soluzione per i crediti vivi significa sostenere l’economia reale e richiede uno sforzo congiunto del sistema, attraverso un’alleanza tra tutti gli attori coinvolti.
A questo proposito, la plenaria dell’evento dedicata al Real Estate ha delineato una significativa panoramica di uno dei settori più strategici per il futuro del Paese. Durante lo speech di apertura Lia Turri – Partner PwC Italia, Real Estate Leader, ha infatti evidenziato come negli ultimi 20 anni il mercato immobiliare si sia completamente trasformato: nel 2004 le asset class su cui si concentrava l’offerta e, di conseguenza, gli investimenti erano soltanto 8. Il prossimo anno se ne prevedono ben 27, più del triplo.
Mentre 18 anni fa i primi 3 driver per gli investitori erano lo shopping centres, il residential e l’high street shops, per il 2023 le previsioni mettono ai primi tre posti new energy infrastructure, life sciences e data centres.
Basta questo a fotografare un mondo completamente nuovo.
Oggi gli investitori cercano di anticipare le tendenze di un mercato in continuo mutamento, in grado di adattarsi in maniera sempre più rapida ed accurata ai cambiamenti. Giusto per fare degli esempi, lo shopping centres che nel 2004 era al primo posto, nel 2023 non fa più parte della lista degli asset class strategici per il settore, così come il residential che diventa private rented residential. Il volano di questo straordinario cambiamento è sempre la tecnologia che applicata al Real Estate prende il nome di Proptech.
Certo è vero, l’Italia è ancora un po’ più indietro rispetto ad altri paesi, ma sta vivendo una crescita tale da esercitare un’attrattiva enorme sulla platea degli investitori internazionali.
Quello a cui stiamo andando incontro è quindi un settore in fermento, con una tecnologia che entra sempre di più in tutti i passaggi della filiera e un intreccio sempre più stretto con l’industria del credito.
Se ti interessa partecipare alle operazioni di NPL con sottostante immobiliare puoi contattare ImmoBillion a info@immobillion.it