Sembra quasi una scena da film, alla stregua di Totò che cerca di vendere la Fontana di Trevi.
Peccato che in questo caso non si tratti di finzione o di una sceneggiatura da rispettare, bensì di un’associazione a delinquere a discapito di ignari proprietari immobiliari.
Un geometra di Roma, una collaboratrice di un notaio di Velletri e il titolare di un’agenzia immobiliare a Marino erano infatti riusciti ad impossessarsi e a rivendere cinque tra ville e appartamenti, mettendo in piedi una grande truffa immobiliare.
Una palazzina a Torvajanica di fronte al mare, venduta a meno della metà, 450 mila euro. Due lussuosi appartamenti a Eur e Piramide, affittati a mille euro al mese, in uno dei quali (quello a Piramide) i tre hanno approfittato della morte dell’anziana proprietaria per sfondare la porta ed impossessarsi dell’immobile. Fino ad arrivare alla villa del principe Carlo di Torlonia, a Castel di Leva.
Tutto questo prima che la Guardia di Finanza di Velletri, con l’operazione denominata “Case di Carta” rompesse loro le uova nel paniere.
Ora sono agli arresti domiciliari, su disposizione del gip di Velletri, con l’accusa “di truffa, di associazione per delinquere, sostituzione di persona, falso ideologico, falsa dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla propria identità, possesso e uso di documenti di identificazione falsi”.
Ma come ha fatto la Guardia di Finanza a scoprire il malfatto?
Tutto è partito dalla denuncia del proprietario della palazzina di Torvajanica che, scoprendo all’esterno della sua casa un cartello per l’inizio dei lavori di ristrutturazione, si è insospettito e, attraverso una visura catastale, ha scoperto che l’immobile era stato più volte alienato a terzi acquirenti.
Le indagini, avviate subito dopo la denuncia, hanno comportato quattro mesi di intercettazioni.
Producendo finti preliminari di vendita ultraventennali, la banda riusciva ad impossessarsi di appartamenti, terreni e casolari della provincia di Roma, arrivando a mettere le mani anche su beni di proprietà dello Stato per i quali i defunti proprietari non avevano successori legittimi.
False scritture preliminari di vendita retrodatate, mediazione per poter redigere atti che ne attestassero la finta proprietà successivamente ratificati da un notaio erano gli “strumenti” più utilizzati. Oppure, avvalendosi di complici, con l’utilizzo di documenti d’identità falsi, si sostituivano ai reali proprietari ed effettuavano atti di rogito nello studio dello stesso notaio.
Nel frattempo i veri proprietari, ignari di tutto, si sono trovati ad essere espropriati dei propri beni, non solo perdendo qualsiasi titolo su di essi ma diventando, di fatto, degli estranei in casa propria.
Per gli immobili venduti o affittati in modo “regolare” a controparti inconsapevoli, il Gip ha disposto il sequestro preventivo.