Indice
- 1 Superbonus e cessione dei crediti in Italia, una situazione complicata
- 2 Ottobre 2022: 5 sentenze della Cassazione
- 3 5 nuove sentenze (2023) della Corte di Cassazione sulla Cessione dei Crediti
- 4 Oltre 1 miliardo di euro di crediti falsi
- 5 Quanto influisce la mancata registrazione della compensazione da parte dello Stato?
- 6 Il caso sulla cessione dei crediti che coinvolge Poste Italiane
Per quanto il meccanismo della cessione dei crediti edilizi (art. 121 del Decreto Legge n. 34/2020) sia nato con l’intento di agevolare i contribuenti, le criticità legate alla situazione territoriale italiana, non hanno tardato ad arrivare.
Superbonus e cessione dei crediti in Italia, una situazione complicata
Con il Superbonus 110%, il settore dell’edilizia ha subito una trasformazione epocale. Grazie all’art. 121 del Decreto Rilancio, infatti, l’accesso ai bonus fiscali non è più riservato ai soli abbienti. Al contrario, è diventato una sorta di moneta fiscale utilizzabile da tutti. Mentre in passato solo chi aveva disponibilità economica e fiscale poteva godere delle agevolazioni fiscali, con i bonus edilizi tutti hanno potuto beneficiare degli incentivi grazie alla possibilità di richiedere lo sconto in fattura o la cessione del credito.
In meno di tre anni, oltre 410mila edifici hanno subito una trasformazione radicale grazie al Superbonus, per un investimento totale di 78 miliardi di euro. Peccato che, come in tutte i settori, non manca chi, sentendosi più furbo degli altri, cerca di sfruttare il meccanismo di cessione per trarne profitto.
Certo gli ostacoli non sono mancati: una normativa ancora acerba, la mancanza di personale qualificato per i controlli e piattaforme digitali non ancora sufficientemente consolidate. Ma l’ostacolo più grande è stato un altro, ovvero la mentalità italiana di considerare il pubblico “terra di nessuno”. Un grosso scoglio che ancora l’Italia fatica a superare.
Ottobre 2022: 5 sentenze della Cassazione
Con nuove leggi in continua evoluzione e procedure che sembrano essere sempre più sfuggenti, il futuro sembra riservare un gran lavoro per tribunali ed avvocati. Affrontare ricorsi presentati dall’Agenzia delle Entrate, processare lavori frettolosi e stressanti, nonché una serie di frodi perpetrate ai danni dello Stato… insomma, gli avvocati avranno sicuramente le mani piene nei prossimi anni.
A fine ottobre 2022, l’intera industria bancaria italiana è stata scossa dalle famose 5 sentenze della Corte di Cassazione riguardanti il Superbonus 110%. Queste sentenze hanno coinvolto 5 cessionari distinti, tra cui Banco Desio e della Brianza, Illimity Bank, Poste Italiane, Groupama e Cassa Depositi e Prestiti.
Un vaso di Pandora dal quale, tra le altre cose, è emersa una problematica fino ad ora ignorata: il sequestro preventivo del credito nei confronti del cessionario, anche in buona fede e in assenza di concorso nella violazione. Questo evento ha fatto tremare l’industria bancaria e ha messo in luce l’importanza di una maggiore trasparenza e regolamentazione nel settore finanziario.
5 nuove sentenze (2023) della Corte di Cassazione sulla Cessione dei Crediti
Il lavoro della Cassazione non si ferma mai, e anche quest’anno ci ha regalato una serie di sentenze che fanno riflettere sul tema delle truffe legate alla cessione del credito. Cinque nuove sentenze, emesse negli ultimi mesi, sono state un vero e proprio concentrato di informazioni preziose per tutti coloro che vogliono approfondire l’argomento:
- la sentenza del 4 maggio 2023, n. 18536, che ha trattato il tema del sequestro preventivo;
- la sentenza del 28 aprile 2023, n. 17996, che ha affrontato il reato in caso di compensazione del credito;
- la sentenza del 19 aprile 2023, n. 16728, ha invece esaminato la natura di Poste Italiane;
- la sentenza del 13 aprile 2023, n. 15456, si è soffermata sulle dinamiche delle truffe in ambito bancario;
- la sentenza del 24 marzo 2023, n. 12364, ha fornito importanti indicazioni su come prevenire le truffe in ambito finanziario.
Oltre 1 miliardo di euro di crediti falsi
La Corte Suprema italiana ha recentemente richiamato l’attenzione su una serie di pratiche illecite nel settore edilizio, scoperte grazie all’operato dell’Agenzia delle Entrate. La Divisione Contribuenti, Settore Contrasto Illeciti, Sezione Analisi e Strategie Antifrode, ha infatti individuato numerose anomalie nella verifica del meccanismo di cessione dei crediti di imposta, effettuato da alcuni operatori economici al fine di sfruttare le detrazioni fiscali introdotte durante l’emergenza pandemica. Tra questi, superbonus, bonus facciate, ecobonus, bonus ristrutturazioni e sismabonus. Queste scoperte hanno messo in luce il lato oscuro di alcune pratiche commerciali che, per anni, hanno danneggiato il settore edilizio e la ripresa economica del paese.
Gli investigatori hanno scoperto un complotto fraudolento che ha fruttato oltre un miliardo di euro a un gruppo di individui e società poco scrupolosi. Il sistema era ben organizzato e prevedeva la creazione di crediti di imposta fasulli, che venivano successivamente venduti a banche e intermediari finanziari. In questo modo, i responsabili del complotto riuscivano a ottenere enormi somme di denaro senza alcun fondamento legale. Ma non finisce qui: attraverso l’uso fraudolento dei crediti di imposta, riuscivano anche a eludere le tasse e trarre profitto dal mancato pagamento dei tributi. Un’operazione criminale ben congegnata, che ha permesso ai responsabili di arricchirsi illegalmente a scapito della collettività.
Ciò che è emerso da una delle sentenze è un un trucco utilizzato da alcune società edili per ottenere il massimo vantaggio fiscale possibile. Per ogni lavoro di ristrutturazione indicavano prezzi gonfiati che non corrispondevano alla reale entità dei lavori eseguiti, usufruendo solo della percentuale massima di detrazione fiscale. Inoltre, su 246 pratiche edilizie, 196 erano prive dei necessari permessi edilizi, e solo 45 interventi pianificati sono stati effettivamente avviati. Questo ha portato alla conclusione che le fatture emesse non fossero valide e che le cessioni di credito collegate erano fittizie.
Quanto influisce la mancata registrazione della compensazione da parte dello Stato?
Un ricorrente ha presentato un’istanza in cui contesta il fatto che il tribunale precedente non abbia preso in considerazione adeguatamente il fatto che egli aveva richiesto la compensazione di alcuni debiti fiscali con l’Agenzia delle Entrate.
Secondo il Decreto Ministeriale del 10 febbraio 2011, l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto rilasciare un nulla-osta per la compensazione e trasmetterlo all’Ente di Riscossione competente. Tuttavia, ciò non è avvenuto poiché l’operazione di compensazione è stata bloccata dall’Agenzia delle Entrate in seguito a un’indagine in corso. Di conseguenza, il ricorrente è ancora tenuto a saldare i debiti con l’Ente riscossore.
La conclusione è stata che il reato ipotizzato non è stato portato a termine e non c’è stato alcun profitto confiscabile. Questo perché il debito del ricorrente è ancora aperto e quindi esiste la possibilità di azione esecutiva. Tuttavia, la Cassazione ha una posizione diversa. Secondo loro, il reato di indebita compensazione è stato compiuto quando è stato presentato l’ultimo modello F24 relativo all’anno in questione. Questo perché l’utilizzo del modello F24 indica una condotta fraudolenta da parte del contribuente, che non ha versato il dovuto a causa della compensazione indebita di crediti non spettanti secondo la legge fiscale.
Ne consegue che, la mancata registrazione della compensazione da parte dello Stato e l’assenza di aggiornamento del cassetto fiscale non hanno, quindi, valore nel caso in cui si tratti di meri riconoscimenti del rapporto tra il contribuente e l’Amministrazione, senza alcun effetto sulla costituzione o la modifica del rapporto stesso.
Nel caso in questione, il ricorrente aveva utilizzato crediti inesistenti per compensare parte dei suoi debiti fiscali, acquisiti tramite la creazione di crediti di imposta fittizi a lui o alle sue società riconducibili.
Il ricorrente aveva poi effettuato la compensazione tramite un gran numero di modelli F24. Il reato fiscale sussisteva comunque, indipendentemente dal fatto che i debiti fiscali fossero già stati iscritti a ruolo e bloccati dall’indagine in corso.
Il caso sulla cessione dei crediti che coinvolge Poste Italiane
Con la sentenza n. 17996/2023, la Cassazione fa chiarezza sui reati che coinvolgono Poste Italiane, e il verdetto è interessante. Gli esperti legali hanno stabilito che, nei casi di reati che coinvolgono la società, l’aggravante è riconosciuta. Poste Italiane infatti gode della qualifica di ente pubblico, e il fatto che la maggioranza del suo capitale sociale sia partecipato dallo Stato attraverso il MEF, rende il patrimonio pubblico particolarmente vulnerabile a qualsiasi tipo di perturbazione.
La sentenza ribadisce l’importanza di proteggere la sfera giuridica del soggetto passivo, e conferma l’aggravante nei casi in cui il danno arrecato al patrimonio pubblico sia particolarmente consistente. In altre parole, qualsiasi reato che coinvolga Poste Italiane avrà conseguenze molto serie per i responsabili.