Indice
Una nuova prospettiva di speranza si profila all’orizzonte per le famiglie italiane alle prese con i debiti bancari. Sta emergendo una rivoluzione nel settore prestiti e mutui del paese, con l’attuale discussione parlamentare che potrebbe portare a una cancellazione dei debiti dei crediti deteriorati. Questa iniziativa, se implementata, rappresenterebbe un importante passo avanti nella gestione dei debiti e potrebbe offrire un sollievo significativo alle famiglie in difficoltà economica.
Ma c’è anche un lato controverso da considerare: la proposta potrebbe innescare effetti a catena nel mercato finanziario italiano. Scopriamo insieme i dettagli di questa affascinante e dibattuta prospettiva.
Nel mese di luglio del 2017, uno studio condotto da PwC designò l’Italia come “The place to be”, ovvero il luogo ideale da considerare. Durante quel periodo, le banche stavano cedendo enormi volumi di crediti deteriorati a prezzi notevolmente ribassati. Questa situazione attrasse investitori provenienti da tutto il mondo verso questo mercato, sia grandi attori come Fortress, Pimco e Cerberus, sia divisioni specializzate delle banche d’affari. Una volta acquisiti numerosi NPL (Non-Performing Loans), questi soggetti li affidarono ai cosiddetti servicer per gestire l’effettivo recupero dei crediti. In questo modo, si sviluppò un mercato “secondario” di crediti in sofferenza, nel quale a vendere non erano più le banche, ma piuttosto i fondi che inizialmente li avevano acquistati dalle banche stesse.
Le Cartolarizzazioni delle Banche
In aggiunta a ciò, si creò un intricato labirinto di società veicolo create appositamente, le cosiddette Spv, le cui flussi finanziari derivavano dalle attività che venivano cartolarizzate. L’elenco di queste società e delle altre Svc (Società veicolo di cartolarizzazione) registrate presso la Banca d’Italia divenne estremamente lungo, rendendo spesso difficile monitorare le performance di alcuni operatori attivi nel recupero dei NPL, controllati da entità giuridiche estere. Questo scenario rendeva altrettanto arduo comprendere i prezzi dei crediti in sofferenza esposti nel vasto mercato delle difficoltà finanziarie.
Visco lancia l’allarme Debiti bAncari per la prima volta
La situazione era giunta a tal punto che a febbraio del 2020, il governatore Ignazio Visco lanciò un allarme durante un’interazione al Forex. Egli dichiarò che la Banca d’Italia stava investigando sulle società italiane coinvolte nella gestione e nel recupero dei crediti problematici e degli Utp (Unlikely to Pay). Inoltre, già nel settembre del 2018, era stato presentato un progetto di legge da parte dell’ex senatore di Fratelli d’Italia, Adolfo Urso (attualmente Ministro delle Imprese), che aveva come obiettivo il riscatto diretto delle sofferenze bancarie da parte dei debitori.
L’obiettivo dichiarato del disegno di legge era agevolare il recupero dei crediti in sofferenza e promuovere il ritorno alla solvibilità dei debitori, contribuendo così allo sviluppo e alla competitività dell’economia nazionale. In pratica, si intendeva creare un canale privilegiato per i debitori, consentendo loro di riacquistare il credito in sofferenza tramite un diritto di opzione, aggiungendo un premio al prezzo al quale la banca lo aveva ceduto, compreso tra il 20% e il 40%.
La reazione di Conte
Questa iniziativa mirava principalmente a permettere alle piccole e medie imprese e alle persone fisiche di estinguere il proprio debito a condizioni ragionevoli, mentre assicurava al creditore cessionario, ovvero il servicer, un profitto adeguato. La proposta di legge aveva acquisito notorietà anche grazie a un video diffuso su internet nel giugno del 2019, nel quale l’ex primo ministro Giuseppe Conte discuteva con un avvocato settantenne in mutande su un balcone a Napoli, il quale chiedeva l’adozione della legge per aiutare migliaia di persone in difficoltà finanziarie. Tuttavia, il testo di legge rimase in sospeso in commissione al Senato e non venne approvato prima della fine della legislatura.
Oggi, con Fratelli d’Italia alla guida della maggioranza a Palazzo Chigi, l’idea è stata ripresa dal cassetto. Il governo Meloni sta lavorando a un intervento riguardante i crediti deteriorati a tutela delle piccole imprese, dei commercianti, degli artigiani e delle famiglie. Questa notizia è stata riportata dal giornale Mf il 10 agosto scorso, sottolineando che la norma avrebbe potuto essere inclusa anche nel decreto Asset e investimenti, se durante il Consiglio dei ministri del 7 agosto l’attenzione sulle banche non fosse stata monopolizzata dal prelievo sugli extraprofitti.
Il Parlamento, tuttavia, ha già intrapreso azioni a metà di luglio in relazione a questo argomento. Sono state presentate due proposte, una alla Camera dei Deputati e l’altra al Senato. La normativa prevede una possibilità per chi ha debiti di saldarli, riconoscendo un premio del 20% al servicer rispetto al prezzo iniziale dell’acquisto dalla banca.
Questa misura, però, è limitata ai crediti ceduti che derivano dalle crisi economiche e bancarie verificatesi negli ultimi anni, precisamente dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2021. Le proposte presentate, incluso quella avanzata da Urso nel 2018, si applicano a qualsiasi credito deteriorato con un valore nominale fino a 25 milioni di euro. Inoltre, si sta considerando la possibilità che coloro che riacquistano il credito possano essere rimossi dalla Centrale rischi di Bankitalia, il sistema che monitora i casi di inadempienza finanziaria.
Si tratta di una materia delicata poiché potrebbe avere implicazioni sul mercato italiano dei crediti non performanti, che ammonta a 307 miliardi di euro ed è il più grande in Europa. La nuova legge sui crediti deteriorati generati dai debiti bancari insostenibili dalle famiglie e dalle imprese, è stata recentemente discussa anche da investitori internazionali attraverso un allarme lanciato da Bloomberg. L’agenzia finanziaria americana sottolinea che “la nuova legge potrebbe ulteriormente preoccupare i finanziatori e gli investitori internazionali in un Paese ancora in fase di ripresa da un’imposta imprevista sulle banche”. Si aggiunge che le preoccupazioni degli investitori si concentrano sulla possibilità che tali misure possano avere un impatto negativo sui loro rendimenti.
Secondo altri esperti, esiste il rischio di generare effetti distorsivi all’interno del mercato italiano del debito, il che potrebbe renderlo meno attraente per gli investitori e quindi meno stabile. Questo richiama alla mente un effetto distorsivo, in senso opposto, che si è verificato con la risoluzione delle quattro banche regionali (Banca Marche, Pop Etruria, CariFerrara e CariChieti) nel 2015, decisione presa dal governo Renzi, e con la valutazione effettuata da Bankitalia che assegnò alle sofferenze delle banche un valore pari al 17% del nominale (valore poi aumentato al 22% nei primi mesi del 2016). Questo benchmark ha esercitato pressioni sull’intero sistema, accelerando le crisi di altre istituzioni, dalle banche venete a Monte dei Paschi di Siena.
Cosa ne pensi di questa proposta del Governo er cancellare per legge una percentuale dei debiti bancari? Faccelo sapere nei commenti.