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Con gli attuali tassi di recupero e durate di estinzione delle procedure, il valore stimato dei crediti in sofferenza in Italia supera di poco i 7 miliardi di euro, ma la cifra potrebbe quasi raddoppiare, raggiungendo i 12,7 miliardi, se tutti i tribunali fossero efficienti come quello di Ferrara, il più veloce dal punto di vista sia delle procedure fallimentari che delle esecuzioni immobiliari. È quanto emerge dall’ultima analisi condotta da Cerved, che ha analizzato come i tempi della giustizia civile italiana si ripercuotano anche sulla gestione dei crediti deteriorati, con effetti negativi sia sul mercato del credito, sia sulla solidità dell’intero sistema economico.
Attualmente in Italia, dal punto di vista di un investitore, un pacchetto di 100 euro di crediti bloccati in società fallite ha un valore medio pari a 14,3 euro con un tempo di chiusura del fallimento di circa 7 anni e 3 mesi. Cifra che potrebbe però cambiare a seconda del grado di efficienza dei tribunali, salendo a 30,1 euro in quelli più attivi e svalutandosi fino a 3,2 in quelli più lenti. Un pari valore di crediti bloccati in esecuzioni immobiliari vale invece, in media, 29,8 euro, con una forbice che va dai 53,5 euro di Trieste ai 13,1 di Fermo.
Sempre partendo dal punto di vista dell’investitore e con riferimento alla durata media di tutte le procedure di estinzione, Cerved ha quantificato un importo complessivo di 7,1 miliardi di euro (il 21,4% del valore lordo delle sofferenze) che a fine 2021 era pari a 33,4 miliardi. Diversa invece la situazione per una banca in cui, grazie alla possibilità di scontare i flussi futuri a tassi di rendimento significativamente più bassi, il valore delle sofferenze di mercato sale a poco meno di 10 miliardi di euro, calcolati mediando tra i 14,5 miliardi di euro del tribunale più efficiente, Ferrara, e i 3,6 miliardi di euro di Barcellona Pozzo di Gotto.
“L’incertezza del quadro macroeconomico rende molto probabile una nuova crescita degli NPL nei prossimi anni – commenta Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved – è quindi necessario rafforzare l’efficacia del sistema giudiziario per rispondere alle nuove esigenze del mercato in maniera tempestiva. I dati sulla durata delle procedure esecutive evidenziano due necessità: uniformare le performance e convergere verso le buone pratiche delle corti più virtuose”.
Secondo la World Bank, infatti, nel ranking internazionale che misura i tempi e i costi di risoluzione delle controversie e la qualità dei processi giudiziari, l’Italia si classifica al 122esimo posto su 190. Tra le cause troviamo in particolare l’eccessiva durata delle procedure esecutive e il lento smaltimento dei carichi pendenti, con importanti differenze da Nord a Sud:
- risoluzione di un fallimento: 3 anni nei tribunali più efficienti e oltre 18 anni in quelli più lenti;
- durata delle esecuzioni immobiliari:in media 5,3 anni, con una forchetta che va da 2 a quasi 12 anni.
“La pandemia ha messo a nudo tutte le criticità dell’attuale modello di gestione della giustizia amministrativa da un punto di vista tecnologico, organizzativo e culturale, ma nello stesso tempo ha stimolato l’introduzione di elementi di digitalizzazione e semplificazione. Proprio in quest’ottica abbiamo identificato una serie di soluzioni concrete per rendere più efficiente e uniforme il sistema processuale italiano, agendo su tre specifiche leve: modifiche normative, dematerializzazione e digitalizzazione dei processi, innovazione tecnologica. In particolare, un diffuso utilizzo delle tecnologie digitali, combinato con l’applicazione di strumenti di intelligenza artificiale, machine learning e di algoritmi di giustizia predittiva, consentirebbe di aumentare notevolmente la qualità e l’efficacia dei servizi forniti alla comunità” ha aggiunto Paolo Pellegrini, amministratore delegato di Cerved Credit Management.
I tempi della giustizia civile, andamento generale
Dall’analisi di Cerved emergono però anche risultati positivi riguardanti il carico operativo dei tribunali: negli ultimi cinque anni, infatti, il numero di procedure fallimentari chiuse è sempre risultato più alto rispetto ai fallimenti aperti. Nel 2021 il saldo è addirittura migliorato, raggiungendo il suo picco massimo dal 2007 (+5.528): 14.545 le procedure fallimentari chiuse, +14,9% rispetto al 2020 (condizionato dai ritardi legati al Covid19) e con tempi medi di chiusura inferiori di circa un mese (7 anni e 3 mesi, verso i livelli minimi osservati nel 2018).
I fallimenti arrivati al termine dopo oltre 15 anni sono ben 1.551 (il 10,7% delle procedure chiuse), dato che comunque si rivela confortante rispetto al 2020 (1.448, l’11,4%) e al 2019 (1.867, il 12,5%).
Dei 236.000 fallimenti dichiarati dal 2001 al 2021, ne risultano tuttora aperti circa 77.000, il 32,6% del totale, ma negli ultimi anni si è verificato un netto calo della quota e della durata media dei fallimenti pendenti, che si attesta nel 2021 sui 4 anni e mezzo contro i 6 anni e 2 mesi del 2019.
La durata dei fallimenti per area geografica, regione e tribunale
Le tempistiche dei fallimenti cambiano sensibilmente da regione a regione, con il Nord che si caratterizza per le performance migliori rispetto al Centro e al Sud. Il Mezzogiorno si conferma anche nel 2021 l’area geografica con i tempi di chiusura più lunghi, quasi 10 anni. Segue il Centro, con 7 anni e quattro mesi. Diversa la situazione al Nord in cui la media è di 6 anni e 2 mesi, 5 e 7 mesi nel Nord-Ovest.
Più nello specifico, nel 2021 le regioni definite più virtuose sono la Valle d’Aosta (5 anni e 3 mesi) e la Lombardia (5 anni e 6 mesi) mentre in fondo troviamo Puglia e Sicilia (quasi 11 anni) e Calabria (10 anni e 4 mesi).
Situazione analoga anche per quanto riguarda lo smaltimento dei carichi pendenti che vede Friuli Venezia-Giulia e Piemonte in testa (meno del 40% dei fallimenti aperti negli ultimi dieci anni) e Basilicata (62,7%) e Umbria (61,8%) in coda.
Tempi di chiusura dei fallimenti per singolo tribunale nel 2021
Per quanto riguarda i grandi centri urbani, Cerved riporta che nel 2021 i tribunali con durate medie di chiusura più brevi sono Ferrara (3 anni e 4 mesi), Tolmezzo (4 e 3 mesi), Trieste (4 e 4 mesi), Como (4 e 6 mesi), Forlì e Tortona (4 e 7 mesi), Genova (4 e 8 mesi), Novara, Udine e Torino (4 e 9 mesi), Rimini (5 anni). Ferrara si conferma più efficiente anche sotto il profilo delle pratiche in arretrato da smaltire (26,2%), seguita da Gorizia (27,4%) e Bolzano (28,1%).
Al contrario, i tempi più lunghi si osservano a Barcellona Pozzo di Gotto (18 anni e 3 mesi), Caltanissetta (15 anni), Gela e Castrovillari (14 anni e 7 mesi) e Vallo Della Lucania (14 e 4 mesi), mentre le quote più alte di procedure pendenti si registrano a Spoleto (85,8%), Grosseto (78,2%) e Montepulciano (74,4%).
Come ovvio, risulta una netta correlazione tra la durata media delle procedure fallimentari e il peso dei carichi da smaltire: tra le grandi città, le migliori sono Genova (4 anni e 8 mesi, 42,3% di pendenti) e Torino (4 anni e 9 mesi, 32,7% di pendenti), mentre Bari (11 anni e 64,1%) e Messina (quasi 12 anni e 71%) sono ben al di sotto della media.
Come velocizzare i tempi della giustizia?
La lentezza dei processi civili non fa che rallentare la crescita economica del Paese. Per rispettare i parametri imposti dalla normativa europea e dai vincoli di bilancio, la giustizia italiana deve riuscire a rendere più efficienti le procedure legali, riducendo costo e durata attraverso un processo di forte trasformazione. Per migliorare la performance del Sistema Giustizia e facilitare il rilancio del Paese è infatti necessario agire su tre leve specifiche: modifiche normative, dematerializzazione e digitalizzazione dei processi, innovazione tecnologica.
Nonostante i vari interventi di carattere normativo e operativo sulla digitalizzazione del processo civile, ancora oggi in alcune fasi si utilizza la documentazione cartacea e mancano strumenti tecnologici per la gestione di alcune attività di natura processuale. A questa carenza di digitalizzazione si aggiunge la disomogeneità dei processi operativi adottati dai vari tribunali (anche a causa di una diversa disponibilità di organico e dell’assenza di un sistema strutturato di monitoraggio delle performance) e la mancanza di livelli di servizio strutturati e incentivati, con conseguente aumento della durata delle procedure e dei relativi costi.
Come riporta l’’osservatorio privilegiato di oltre 30 mila procedure esecutive in gestione a La Scala Cerved (joint venture tra Cerved Legal Services srl e La Scala Società tra Avvocati), per incrementare l’efficienza e l’uniformità del sistema processuale italiano si possono proporre molteplici interventi che vanno dalla raccolta strutturata delle informazioni all’esecuzione automatizzata di azioni ripetitive a basso valore, dal monitoraggio delle tempistiche e delle performance di esecuzione a processi codificati basati su workflow automatizzati che integrino le fasi procedurali con le attività operative, all’uso di format guidati, alimentati da software per la creazione di medesime tipologie documentali. E ancora, si può intervenire sulla semplificazione della gestione contabile delle procedure, sulla calendarizzazione automatica di udienze e aste incrociando le disponibilità di giudici e ausiliari, sulla ridefinizione dell’organico dei Tribunali in base a indicatori di performance misurabili, su percorsi formativi per accrescere le competenze tecnologiche e gestionali dei giudici e degli ausiliari, sulla razionalizzazione e riduzione dei soggetti coinvolti nel processo, in particolare quello esecutivo.
Un ulteriore tema è quello della giustizia predittiva: vi è un ingente patrimonio di informazioni sui procedimenti, costituito dalle banche dati e dai documenti depositati, già dematerializzato e tuttavia sfruttato solo in minima parte. Mediante l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e del machine learning, gli algoritmi di giustizia predittiva possono mostrare in tempo reale l’orientamento prevalente del Tribunale sulla materia indagata, fornendo così un’indicazione sulle reali possibilità di una causa di essere accolta.