Il numero di crediti in sofferenza detenuti dalle banche è sceso ai livelli più bassi degli ultimi 15 anni, ma i cambiamenti della situazione economica avvenuti nei primi mesi del 2022 hanno fatto affiorare non poche preoccupazioni.
Questo è ciò che emerge dall’ultimo rapporto di PwC sulle Non-Performing Exposure, che mostra come il numero di crediti in sofferenza detenuti dalle banche sia sceso a 68 miliardi di euro a giugno 2022, il livello più basso dal 2008. Nel contempo le banche presentano maggiore solidità rispetto al passato: hanno consistenti livelli di capitale (Cet1 ratio +3 punti percentuali tra il 2014 e il 2021), che potrebbero sostenerle nella gestione di una potenziale recessione. Il tasso di copertura degli Npe è aumentato in modo significativo (+7 punti percentuali tra il 2015 e il 2021), mostrando la loro capacità di assorbire perdite future.
È evidente che il sistema bancario italiano presenti un profilo di rischio più elevato rispetto ai suoi omologhi europei, che tuttavia mantengono esposizioni significative anche in termini assoluti. Secondo il rapporto, negli ultimi sette anni è stato fatto molto per gestire i crediti in sofferenza in Italia, con circa 300 miliardi di transazioni sul mercato primario nel periodo 2015-2022, di cui oltre 110 miliardi assistiti da Gacs (garanzie pubbliche). Inoltre, ha preso vita una vera industria del debt servicing, con oltre 300 miliardi in gestione e 15.000 risorse impiegate. Negli ultimi due anni, l’importo dei crediti in Stage 2 (cioè in una fase di rischio intermedia) è aumentato significativamente, raggiungendo oltre 250 miliardi a giugno 2022, pari al 14% del totale dei crediti (rispetto ai 141 miliardi di fine 2019, pari al 9% del totale dei crediti).
“Riteniamo che ora il focus di banche e servicer dovra’ essere sui crediti ‘going concern’ – ha spiegato Pier Paolo Masenza, Financial Services Strategy & Value Creation Leader di PwC Italia -. Vi è sul mercato uno stock significativo di crediti ‘da attenzionare’ tra UtP, Stage 2 e finanziamenti con garanzia dello Stato”. “Ad oggi – ha continuato Masenza – non esiste un modello consolidato per la gestione su larga scala di crediti in sub-performing/ UtP e pertanto riteniamo che i modelli operativi dovranno essere (ulteriormente) ripensati per gestire in maniera efficace questi crediti vivi”.