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Le prime cinque banche italiane (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Bper e Montepaschi) hanno riportato utili in crescita nell’esercizio 2022. Un risultato importante, ottenuto grazie all’aumento degli interessi netti e alla diminuzione dei costi, oltre alla crescita del margine primario per dipendente. È quanto emerge dall’analisi condotta da First Cisl sui bilanci di questi cinque gruppi bancari.
“Dai risultati emerge che il maggiore valore è stato creato dal lavoro. Per questo ai buyback ed ai dividendi deve affiancarsi l’incremento del salario contrattato collettivamente” ha commentato Riccardo Colombani, segretario generale di First Cisl. Secondo Colombani, inoltre, i cinque gruppi stanno diminuendo la loro esposizione sui titoli di Stato e il portafoglio dei crediti deteriorati.
In aumento ricavi, utili ed interessi
Le “big five” hanno registrato un aumento dei ricavi nel 2022 dell’8,3% rispetto al 2021, per un totale di 53,8 miliardi di euro. Questo risultato è stato ottenuto grazie alla forte crescita degli interessi netti, che sono aumentati del 18,9% raggiungendo i 25,8 miliardi di euro. In particolare, Bper e Unicredit hanno registrato un notevole aumento dei ricavi, con una crescita rispettivamente del 25,7% e del 13,6%.
Nell’ultimo anno, gli utili netti sono aumentati significativamente, registrando una crescita del 26,3% e raggiungendo i 11,5 miliardi di euro. Anche gli utili netti di gestione hanno avuto un’ottima performance, aumentando del 23,3% e arrivando a 19,4 miliardi di euro. Inoltre, il margine primario per dipendente è cresciuto dell’11,7%, superando i 200 mila euro e raggiungendo:
- 209 mila euro in Banco BPM e Intesa Sanpaolo;
- 207 mila euro in Unicredit;
- 192 mila euro in Bper;
- oltre 144 mila euro in Mps.
Il margine primario complessivo è avanzato del 8,4%, raggiungendo i 48,5 miliardi, con Bper (+19,7%) e Unicredit (+11%) sopra la media.
Anche le commissioni nette per dipendente hanno registrato un aumento, seppur leggero (+0,7%), raggiungendo poco più di 87 mila euro. In media, il risultato di gestione per dipendente è stato di oltre 108 mila euro, con una crescita del 21,5%. Tuttavia, in Unicredit questo valore è stato di 127.500 euro, superiore rispetto ai 109 mila di Intesa, ai 107 mila di Banco BPM e di quasi 88 mila di Bper. Invece, in Mps è stato poco sopra i 46.000 euro. Questo in un contesto in cui, a causa della riduzione dei mercati finanziari, le commissioni nette sono diminuite del 2,2% (21 miliardi di euro). Inoltre, la raccolta diretta da clientela è diminuita dello 0,6%, mentre la raccolta indiretta è calata del 7,3%.
Per le banche italiane, costi in calo
In generale, i costi continuano a diminuire. Solo in Bper i costi del personale sono aumentati (+14,8%). In calo invece in Banco Bpm (-3,5%), Mps (-2,4%), Unicredit (-1,1%) e Intesa (-0,8%). Anche i costi operativi seguono la stessa tendenza. Crescono in Bper (+20,8%) e in Banco Bpm (+0,9%), mentre calano in Unicredit (-2%), Intesa (-0,8%) e Mps (-0,3%).
Inoltre, continuano i tagli all’occupazione, principalmente dovuti alle uscite dal gruppo senese, con il numero di dipendenti che arriva a 237.058 (-3,1%). A Rocca Salimbeni, il numero di sportelli diminuisce del 4,5%, e in media si registra un arretramento dell’1,5%, arrivando a quota 12.442.
Questo nonostante il rapporto costo/ricavo sia diminuito dal 55,4% al 51,5% (con un valore del 70% in Mps, tra il 50% e il 60% nelle altre banche, ad eccezione di Unicredit dove è al 47%). Tra le cause, la riduzione del rapporto tra il costo del personale e i ricavi operativi (passato dal 34,5% al 31,8%), con percentuali intorno al 30% in tutte le banche tranne Mps, dove è salito al 45,1%. La nota sottolinea che i “big five”hanno un tasso di costo/ricavo significativamente inferiore rispetto ai principali gruppi bancari europei (58,3%).
In diminuzione anche i crediti deteriorati
C’è un’altra buona notizia per le prime cinque banche italiane. La percentuale dei prestiti deteriorati netti sta infatti continuando a diminuire, arrivando a un valore di 17,7 miliardi di euro (-23,9%). L’indicatore aggregato è passato dal 2% all’1,5%, e il costo del rischio è diminuito in modo significativo, da 54 a 37 punti base. Questa diminuzione varia dallo 0,42% in Unicredit allo 0,70% in Intesa, escludendo le svalutazioni sulle esposizioni verso Russia e Ucraina. L’Npl ratio, ovvero la percentuale di prestiti deteriorati netti, è passata dal 2% del 2021 all’1,5% nel 2022. In dettaglio, si situa al 2,2% in Mps e Banco Bpm, all’1,4% in Bper e Unicredit, e all’1,3% in Intesa Sanpaolo.
In miglioramento anche gli “Stage 2”, ovvero i prestiti in buona salute che potrebbero subire un possibile peggioramento delle condizioni di rischio. La loro percentuale rispetto al totale dei prestiti erogati è scesa al 13,6%, con una diminuzione del 3%. Inoltre, si è verificata una riduzione del tasso di deterioramento.
In discesa anche i Btp delle banche italiane
La nota fa inoltre riferimento:
- alla diminuzione del debito pubblico italiano detenuto dalle banche, che ammonta a oltre 14 miliardi di euro rispetto all’anno precedente;
- all’aumento della percentuale dei titoli di Stato contabilizzati al costo ammortizzato (dal 57,7% al 63,8%), che le banche intendono mantenere fino alla scadenza.
Secondo First Cisl, questo “determina una minore esposizione all’andamento avverso dei mercati. Infatti nel caso di ulteriori rialzi dei rendimenti dei titoli di Stato a tasso fisso, i riflessi sui conti economici e sul patrimonio, dovuti alla correlata riduzione dei prezzi, si prospettano limitati”. L’opinione del segretario di First Cisl è che “la riduzione dell’ammontare dei titoli di Stato nei bilanci dei maggiori gruppi bancari italiani è un fenomeno che va monitorato attentamente per i suoi riflessi sulla solidità del settore, ma anche per il suo rilievo quanto agli indirizzi di politica economica”. Inoltre, “il miglioramento di tutti gli indicatori di rischio dei portafogli crediti rafforza la nostra convinzione che anche in futuro la posizione delle banche italiane resterà solida, come peraltro certificato da ultimo dall’esito dell’analisi Srep condotta dalla Vigilanza della Bce”.