Indice
- 1 Le caratteristiche della cedolare secca sugli immobili non residenziali
- 2 La richiesta da parte dei proprietari immobiliari
- 3 I costi della cedolare secca per lo Stato
- 4 Cosa succede se sale l’inflazione?
- 5 Le altre imposte da considerare
- 6 Il confronto tra cedolare secca e investimenti finanziari
- 7 La cedolare secca potrebbe favorire gli investimenti
Le caratteristiche della cedolare secca sugli immobili non residenziali
All’interno della riforma fiscale troviamo la proposta di estensione della cedolare secca sugli affitti anche agli immobili non residenziali. In realtà non si tratta di una novità assoluta. La Legge di Bilancio 2019 aveva infatti già introdotto questa opzione per un anno sugli immobili commerciali con superficie fino a 600mq, escluse le pertinenze. Le regole erano analoghe a quelle applicate sugli immobili residenziali. Il proprietario doveva infatti essere una persona fisica che locava al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa o di arti o professioni. Con il pagamento della cedolare secca al 21% del canone annuo contrattuale, i proventi della locazione erano esenti da Irpef, addizionali e imposta di registro. In compenso il proprietario rinunciava alla possibilità di chiedere l’aumento annuale del canone contrattuale , pari per il non residenziale al 75% dell’indice Istat del costo della vita delle famiglie di operai e impiegati.
Questo aumento può raggiungere il 100% solo se il contratto prevede una durata minima superiore a quella di legge.
La richiesta da parte dei proprietari immobiliari
I proprietari immobiliari chiedono da tempo di stabilizzare la cedolare, estendendola a tutti gli immobili non residenziali con locazioni ancora normate dalla legge 392/78. Il cosiddetto equo canone. Tuttavia, se le regole rimarranno le stesse applicate nel 2019, l’opzione per la cedolare potrà essere esercitata solo per i nuovi contratti. In passato, le regole prevedevano l’impossibilità di accedere alla flat tax se tra gli stessi contraenti era in vigore un contratto per lo stesso immobile al 15 ottobre 2018, che era stato interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza contrattuale. Questa proposta è stata un cavallo di battaglia per organizzazioni come Confedilizia e altre associazioni di proprietari immobiliari.
I costi della cedolare secca per lo Stato
I dubbi circa i costi per lo Stato dell’estensione della cedolare secca agli immobili non residenziali, non mancano. Il fatto, ad esempio, che l’esperienza precedente è durata un anno, senza rinnovo, potrebbe indicare che non fosse conveniente per le finanze pubbliche.
Tuttavia, è possibile fare alcune considerazioni in merito.
La prima riguarda il fatto che la cedolare secca per le abitazioni è stata introdotta per tassare i contratti di locazione e farli emergere. Un’esigenza inesistente per i contratti non residenziali, in quanto il conduttore ha un interesse fiscale a dichiarare i canoni che paga.
Cosa succede se sale l’inflazione?
Il secondo punto da considerare è che, nel lungo periodo, la cedolare secca potrebbe essere svantaggiosa se l’inflazione aumenta, specie per le locazioni non residenziali. Data la lunga durata, infatti, rinunciare all’adeguamento Istat potrebbe comportare uno svantaggio in caso di aumento dei prezzi. Vale la pena ricordare che nei contratti con cedolare secca, anche se non si rinuncia esplicitamente all’aggiornamento al costo della vita, questa viene effettuata implicitamente. Le norme applicabili agli immobili residenziali permettono di tornare alla tassazione normale, ma non di applicare gli aumenti Istat. Questo perché la rinuncia all’aggiornamento è una clausola contrattuale. Pertanto, la scelta di optare per la cedolare secca andrebbe valutata attentamente dai proprietari immobiliari.
Le altre imposte da considerare
Coloro che si oppongono alla cedolare secca per le locazioni perché ritengono che l’aliquota sia troppo bassa rispetto a quella applicata sui redditi da lavoro, potrebbero non considerare che la cedolare secca non è l’unica imposta che i proprietari devono pagare. Bisognerebbe infatti tenere conto anche dell’Imu, un’imposta che spesso viene calcolata su un valore di mercato superiore all’effettivo valore dell’immobile. Inoltre, le spese di manutenzione del bene, che sono a carico del proprietario (sia le spese straordinarie quando l’immobile è locato, sia tutte le spese quando è vuoto), non sono deducibili se il proprietario è una persona fisica, a meno che i lavori rientrino nei bonus fiscali.
Il confronto tra cedolare secca e investimenti finanziari
Prima di criticare la cedolare secca sulle locazioni sarebbe più appropriato confrontare il trattamento fiscale dell’affitto con quelli degli investimenti finanziari. Nel caso di un immobile in affitto con la cedolare secca, l’imposta è del 21% più l’Imu, che di solito corrisponde al 15-20% dei canoni. Gli investimenti finanziari diversi dai titoli di Stato pagano il 26% sui dividendi, che possono essere considerati equivalenti ai canoni, ma l’imposta sul patrimonio, assimilabile all’Imu e chiamata imposta di bollo, è solo dello 0,2%. Inoltre, le rendite finanziarie sono soggette all’imposta sul capital gain, mentre negli immobili questa tassa è dovuta solo in caso di rivendita entro cinque anni. Tuttavia, gli immobili diversi dalla prima casa sono soggetti ad imposte elevate all’acquisto.
La cedolare secca potrebbe favorire gli investimenti
Un’ultima considerazione da fare riguarda l’effetto che la cedolare potrebbe avere sull’investimento in immobili non residenziali, soprattutto nelle periferie delle città. Questo potrebbe portare alla nascita di nuove attività imprenditoriali come laboratori artigianali, negozi di vicinato e start-up in locali che attualmente sono vuoti. L’incentivo funzionerebbe inoltre particolarmente bene se fosse possibile trasferire alle richieste di canone parte del vantaggio fiscale ottenuto dalle proprietà. Tuttavia, sulla base dell’esperienza passata con la cedolare sulle locazioni residenziali, ci sono alcuni dubbi sul fatto che questo potrebbe effettivamente accadere.