Prezzi dell’energia, inflazione e tassi di interesse stanno impattando pesantemente sulle imprese non finanziarie italiane. Un rischio che aumenta di giorno in giorno e che si contrappone ai segnali di ripresa che si erano registrati nella seconda parte del 2021. Secondo il Credit Outlook 2023 di Cerved Rating Agency, la situazione macroeconomica e geopolitica instabile sta influenzando lo scenario predittivo base che al momento viene considerato il più plausibile. Il rischio di insolvenza delle aziende italiane passa dal 5,68% di dicembre 2022 al 5,80% di dicembre 2023. Questo valore è superiore al 4,45% registrato alla fine del 2019.
Complessivamente, l’outlook indica che il sistema economico è in buona salute. Il rapporto identifica 1.087 aziende con una struttura finanziaria sufficientemente solida per poter emettere minibond nel 2023 per un totale di 13,1 miliardi. Di questi, 6,7 miliardi sono “green”, grazie alla presenza di 537 possibili emittenti nei settori più esposti alla transizione ecologica ed energetica.
Dall’analisi dei settori merceologici emerge un andamento differenziato. I servizi legati al turismo e alle strutture ricettive, il mercato farmaceutico e quello di informazione e comunicazione mostrano una riduzione della probabilità di default, rispettivamente -12%, -11% e -6%, mentre il rallentamento della domanda, unito a un livello di prezzi energetici ancora alti per il 2023, sembra determinare un aumento del rischio atteso per segmenti come plastica e gomma (+10%), chimico (+10%) e agricoltura (+8%).
Analizzando i diversi settori merceologici, ciò che emerge è un’evoluzione eterogenea. I settori legati a turismo e strutture ricettive, mercato farmaceutico e di informazione e comunicazione mostrano una diminuzione della probabilità di insolvenza.
Più nello specifico:
- turismo e strutture ricettive, -12%;
- mercato farmaceutico, -11%;
- informazione e comunicazione, -6%.
Al contrario, segmenti come la plastica e gomma, il chimico e l’agricoltura mostrano un aumento del rischio atteso, rispettivamente del +10%, +10% e +8. Tra le cause vi è probabilmente il rallentamento della domanda e dei prezzi energetici ancora elevati previsti per il 2023.
Secondo il report di Cerved, le probabilità di default più elevate riguardano le Pmi italiane, con stime che arriverebbero al 6,03%. Ma, a differenza degli anni precedenti, l’aumento del rischio interesserebbe anche le grandi aziende, che passerebbero dal 2,9% di fine 2022 al 3,25% di fine 2023. Quanto alla distribuzione sul territorio, il rischio percepito varia molto per area geografica, con previsioni più confortanti al Nord: il dato medio per i prossimi 12 mesi nel Nord-Ovest si ferma al 5,5%, al 4,8% nel Nord-Est, mentre al Centro arriva fino al 7,08%, al Sud al 7,03% e nelle Isole al 7,6%.
Le stime indicano che le probabilità di insolvenza maggiori riguardano le piccole e medie imprese, con una previsione del 6,03%. Tuttavia, a differenza degli anni precedenti, si prevede un aumento del rischio anche per le grandi aziende, che passerebbero dal 2,9% alla fine del 2022 al 3,25% alla fine del 2023.
Per quanto riguarda la distribuzione territoriale, il rischio varia notevolmente a seconda dell’area geografica, con previsioni più favorevoli per il Nord.
In particolare, la media per i prossimi 12 mesi si ferma al:
- 5,5% nel Nord-Ovest;
- 4,8% nel Nord-Est;
- 7,08% al Centro;
- 7,03% nel Sud;
- 7,6% nelle Isole.
“I dati non correggono ancora l’incremento di rischio che si è verificato durante e dopo il Covid anche se la situazione va migliorando rispetto a qualche mese fa. C’è dispersione attorno al dato medio, nel senso che alcuni settori vanno molto peggio e altri molto meglio: i servizi, le comunicazioni e il segmento farmaceutico, ad esempio, registrano una significativa riduzione della probabilità di default. Di contro, notiamo un peggioramento anche nelle grandi aziende e non più solo nelle medio-piccole”, il commento dell’amministratore delegato di Cerved Rating Agency, Fabrizio Negri.