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È possibile cedere il credito d’imposta per bonus edilizi e Superbonus a terzi (cessionari) che non sono banche o enti finanziari? La risposta è sì. L’articolo 121 del Decreto Legge 34/2020, convertito nella Legge 77/2020, prevede che la prima cessione del credito d’imposta è libera e può essere effettuata a chiunque. Questo significa che i proprietari che hanno eseguito lavori di ristrutturazione e non possono detrarre le spese, possono cedere il credito d’imposta a terzi.
Bonus edilizi, quali sono i requisiti per cedere il credito a terzi?
Come prima cosa, il cessionario deve avere la capacità fiscale per compensare il credito dei bonus edilizi attraverso il versamento delle imposte tramite Modello F24. Tra le possibili persone terze ci sono privati, imprenditori, professionisti e società commerciali, industriali o di servizi.
Per determinare la capacità fiscale, occorre considerare l’importo delle imposte che il soggetto deve pagare annualmente allo Stato. Si consiglia quindi di avere una consulenza professionale, magari da un commercialista, e di fornire la documentazione a supporto del corretto adempimento di tutta la procedura del Superbonus come fatture, bonifici, computi metrici, asseverazioni, attestazioni energetiche, documentazioni fotografiche e altre.
La stipula di un contratto di cessione
Dopo aver verificato la documentazione e stabilito la congruità dell’operazione, cedente e potenziale cessionario dovranno regolare gli aspetti legali tramite la stipula di un contratto.
Tra gli aspetti giuridici saranno inclusi i termini relativi alla responsabilità del cedente nel caso in cui il credito d’imposta risulti pignorabile e inutilizzabile in seguito a controlli successivi. In attesa di una deroga all’articolo 321 del codice penale in materia di sequestro preventivo, che escluda la responsabilità del terzo e la limiti al soggetto originariamente beneficiario del credito d’imposta, i cessionari in buona fede che non abbiano commesso reati non dovranno essere destinatari di provvedimenti di sequestro.
Esempi concreti sulla cessione dei bonus edilizi
Forniamo dei casi concreti.
- Il Sig. Rossi possiede immobili sia locati che vuoti sui quali paga annualmente allo Stato 30.000 euro l’anno di imposte, tramite F24. Potrebbe interessarsi ad acquistare un credito d’imposta di 120mila euro (30mila per 4 anni), derivante da bonus edilizi, pagando al cedente circa 100.000 euro. Il costo per il cedente è di 9.091 euro, che rappresenta il 16,67% del credito concesso dallo Stato a fronte della rinuncia a 10.909 euro. In questo modo, il Sig. Rossi può recuperare le spese e perdere solo 9.091 euro.
- Un imprenditore, il Sig. Bianchi, gestisce un negozio di alimentari con quattro dipendenti, che produce un importante fatturato. Ogni mese paga diverse imposte, contributi e tasse, per un totale annuo di 150.000 euro tramite F24. Potrebbe decidere di acquistare crediti d’imposta fino a 600.000 euro (150mila euro per 4 anni), risparmiando il 16,67% di tasse a fronte di un costo di transazione per il cedente pari a 45.454 euro. In questo modo, il Sig. Bianchi può risparmiare quasi 100.000 euro.
- Una società, la Romeo SpA, svolge attività di servizi. Un suo socio lavoratore vuole vendere i crediti d’imposta derivanti dai bonus edilizi ottenuti per lavori di ristrutturazione della sua casa. La società decide di acquistare il credito, utilizzando lo stesso esempio numerico degli esempi 1 e 2.
Capienza fiscale insufficiente
Se una persona non ha abbastanza capacità fiscale per utilizzare un credito d’imposta, non può chiedere un rimborso né portarlo avanti per l’anno successivo. Per questo motivo, se la previsione di tassazione futura non è sicura, una persona potrebbe essere riluttante ad acquistare crediti d’imposta.
Acquistare crediti d’imposta da terzi è comunque più rapido rispetto alla cessione dei crediti agli istituti di credito. Quest’ultimo processo richiede un controllo preventivo della documentazione da parte degli Advisor dell’istituto creditizio, spesso puntigliosi e capaci di sospendere la pratica per motivi insignificanti. Come ad esempio una firma manuale su un documento o una visura storica scaduta da poco. Queste motivazioni spesso non tengono conto della buona fede del committente.