Indice
La Commissione industria, ricerca ed energia del Parlamento europeo ha approvato senza cambiamenti la proposta di rivedere la direttiva dell’Unione europea sulle case green. Questa è stata sottoposta a voto giovedì 9 febbraio e ha ottenuto l’approvazione con 49 voti a favore, 18 contro e 6 astensioni.
Voto contrario da parte del partito dei Conservatori e dei riformisti europei (Ecr), di cui fa parte Fratelli d’Italia, e Identità e Democrazia, di cui fa parte la Lega. Forza Italia si è allontanata dalla posizione del proprio gruppo, il Partito Popolare Europeo, in accordo insieme a S&D, Renew Europe, Verdi e Sinistra. Il processo legislativo non è comunque ancora concluso. La bozza verrà infatti votata dal Parlamento Europeo dal 13 al 16 marzo e il testo utilizzato come per i futuri negoziati con il Consiglio.
La proposta di rivedere la normativa europea sulle case green ha l’obiettivo di adeguarla ai nuovi target di riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2030 e di neutralità climatica entro il 2050.
Il fine principale è migliorare il tasso di rinnovamento degli edifici poco efficienti per ridurre le emissioni e i consumi energetici nel settore edilizio. Maggiore è la classe energetica di un immobile, minore sarà il suo impatto ambientale e il costo per gli utenti a causa dei consumi energetici.
L’impatto della normative case green sugli edifici di nuova costruzione
Secondo il testo, tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere senza emissioni entro il 2028, 2026 se si tratta di immobili pubblici. Entro questi termini, se tecnicamente e economicamente possibile, questi nuovi edifici dovranno essere dotati di tecnologie solari. Lo stesso criterio si applica agli edifici residenziali in fase di ristrutturazione, che avranno fino al 2032 per conformarsi. Sia per i nuovi edifici che per quelli in ristrutturazione (o che cambiano sistema di riscaldamento) non sarà più consentito l’utilizzo di combustibili fossili per il riscaldamento.
Edifici residenziali: modifiche ed esenzioni
La proposta di revisione prevede che gli edifici residenziali esistenti raggiungano almeno la classe E entro il 2030 e la classe D entro il 2033. Gli edifici pubblici e non residenziali dovranno raggiungere le stesse classi entro il 2027 e il 2030. Obiettivo non facile da raggiungere. Infatti, secondo Enea, nel gennaio 2022 il 57% del parco immobiliare italiano era in classe F e G. Questa percentuale non indica però gli immobili che saranno effettivamente interessati dalla direttiva case green, che prevede una riclassificazione comune a tutti gli Stati membri. Il 15% degli edifici più energivori nel parco immobiliare nazionale sarà classificato nella classe G.
Gli edifici a basse o zero emissioni saranno classificati nella classe A, mentre tutti gli altri edifici verranno distribuiti nelle classi intermedie in modo proporzionale.
Un edificio a zero emissioni è alimentato, riscaldato e raffreddato da fonti rinnovabili come geotermico, impianti eolici domestici, pannelli solari fotovoltaici e termici. Inoltre, ha infissi e serramenti adeguati, un cappotto termico, sistemi di raccolta dell’acqua e così via.
I monumenti sono esclusi in partenza dalla direttiva europea. Gli Stati membri possono prevedere esenzioni per edifici con valore architettonico, storico, artistico e culturale, luoghi di culto e immobili a uso temporaneo (case vacanza). Inoltre, i governi possono esentare le case popolari e quelle in edilizia convenzionata se le ristrutturazioni comporterebbero un aumento degli affitti non compensato dai risparmi in bolletta.
La responsabilità agli Stati membri
Il progetto di revisione ha stabilito obiettivi condivisi, senza sanzioni e la responsabilità di attuare la direttiva ricade sui singoli Stati membri. Saranno infatti questi ultimi a decidere le esenzioni dalla normativa e le misure e incentivi necessari per raggiungere i traguardi stabiliti. Possono inoltre adattare i target in base alla disponibilità di manodopera specializzata e alla fattibilità tecnica ed economica delle ristrutturazioni.
Ogni paese dovrà elaborare un piano nazionale che, secondo le linee guida della Commissione, dovrà essere pratico e prevedere misure che agevolino l’accesso a:
- finanziamenti adeguati;
- un sistema di incentivi per coloro che effettuano ristrutturazioni significative;
- sovvenzioni per le famiglie a rischio;
- la creazione di centri informativi gratuiti sul miglioramento energetico degli edifici.
Le perplessità dell’Italia
In Italia la direttiva non è stata accolta nel migliore dei modi. Confedilizia, in una nota di fine gennaio, l’ha descritta come “dannosa per l’intero settore immobiliare italiano, anche per quei soggetti che pensano di poterne trarre qualche vantaggio”. Critiche anche da parte del governo Meloni, che ha già sottolineato che intende rendere il contenuto meno severo. “Non si possono mettere a rischio due pilastri degli italiani come la casa e l’auto nel nome della sostenibilità: in un momento delicato come questo serve buonsenso” è stato invece il tweet del vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini.
La risposta di Carlo Calenda non tarda ad arrivare “Noi ci siamo astenuti per questa ragione, ma Salvini fa le tragedie, non c’è mai la via di mezzo. Quella direttiva è stata votata in Consiglio da Pichetto Fratin. Io direi a Salvini che lui è al governo, quindi prima di dire tutte queste cose estremamente drammatiche dovrebbe informarsi su cosa ha approvato il suo governo”. Il parlamentare europeo e responsabile nazionale Energia di Fratelli d’Italia, Nicola Procaccini, è favorevole agli obiettivi finali ma perplesso sulle tempistiche e sulla “mancanza di flessibilità”.
Considerazioni finali sulla direttiva case green
Questa proposta di revisione fissa obiettivi comuni ma non include sanzioni. Gli Stati membri potranno ora definire in autonomia eventuali esenzioni e le misure necessarie per raggiungere gli obiettivi stabiliti. L’applicazione della direttiva avrà comunque un certo margine di flessibilità in base alle disponibilità di manodopera e alla fattibilità tecnica ed economica delle ristrutturazioni.
A ciascun Paese spetta quindi il compito di preparare un piano nazionale che preveda incentivi per le ristrutturazioni e sostegno per le famiglie vulnerabili.
Tuttavia, anche se l’iter legislativo non è ancora completato, è importante agire sul settore edilizio per ridurre le emissioni e proteggere il clima. In fondo il 2030 e il 2050 sono già dietro l’angolo.