Dopo un anno di calma piatta, nel 2021 ripartono gli investimenti nel settore edilizio per incrementare l’efficienza degli immobili: un giro d’affari da circa 9,5 miliardi di euro (+25% rispetto al 2020), ai quali si aggiungono 38,560 miliardi per superfici opache e vetrate spinti dal Superbonus e dall’aumento dei prezzi dell’energia.
È quanto emerge dallo Smart Building Report 2022, redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano e riportato dal settimanale ReView.
“Alcuni incentivi, in particolare il Superbonus hanno avuto il merito di riportare l’attenzione sull’efficienza energetica degli edifici e di dare una forte spinta al mercato ma hanno anche generato dinamiche ingestibili, a partire dall’aumento smisurato dei prezzi. Crediamo che gli incentivi siano determinanti per centrare gli obiettivi europei di decarbonizzazione (che nonpossono fare a meno dell’efficientamento del comparto edilizio, responsabile in Europa di circa il 40% dei consumienergetici) ma l’analisi che abbiamo condotto indica che dovrebbero essere strutturali, avere procedure più snelle e rendere il cittadino co-partecipe dei costi almeno per il 10-15%” – commenta Federico Frattini, responsabile dell’Osservatorio e vicedirettore dell’Energy&Strategy.
Il patrimonio edilizio italiano si compone per il 92% da edifici residenziali, per la maggior parte datati e, di conseguenza, sarebbe opportuno avviare un importante progetto di ristrutturazione: sebbene negli ultimi tre anni il consumo degli immobili in Italia sia stato inferiore alla media europea, il 62,3% del patrimonio abitativo e il 37,8% di quello destinato ad altri usi, appartiene ancora oggi a classi energetiche molto basse, F o G.
“Ma di pari passo con gli incentivi, da estendere anche alla parte tecnologica e digitale degli edifici, cioè quella più propriamente smart, andrebbero introdotti come nel resto d’Europa obblighi stringenti per migliorare progressivamente il patrimonio edilizio, particolarmente datato – continua Frattini – le performance degli edifici dovrebbero essere tutte misurate, dando un senso alle tante certificazioni che al momento risultano frammentate e non cogenti”, commenta a riguardo Frattini.
Gli obiettivi europei sono di tagliare entro il 2030 il 50% di emissioni e l’attuale impegno dell’Italia non risulta essere sufficiente: oggi il tasso annuo di ristrutturazione totale è infatti dello 0,85%, con una decrescita dei consumi che si attesta tra i 4 e i 5,5 TWh all’anno. Se sommiamo questi risultati con quelli derivanti dalle nuove costruzioni ad alta efficienza energetica in corso di realizzazione o in progetto, nel 2030 gli edifici in classe A o superiore potrebbero arrivare a sfiorare il 12,8% (contro l’attuale 5,1%). E se consideriamo che per centrare l’obiettivo il tasso di ristrutturazione profonda dovrebbe aumentare del 50%, è evidente che il goal sia ancora parecchio lontano.
A livello europeo, il comparto edile impatta in maniera rilevante sia sulle emissioni (36%), sia sui consumi (40%). Per questo motivo, la Renovation Wave Strategy ha imposto al settore una serie di massicci tagli entro il 2030: rispetto al 2015, – 60% emissioni, – 14% consumi di energia, – 18% consumi per riscaldamento e aria condizionata e un raddoppio del tasso di ristrutturazione edilizia. Un traguardo già di per sé sfidante ma che è stato ulteriormente complicato dal piano di emancipazione dal gas russo (REPowerEU) che ha incrementato del 13% il target di efficienza energetica e del 45% la quota da energia rinnovabile dei consumi complessivi al 2030, raddoppiando il tasso di installazione di solare fotovoltaico.
A questo si è aggiunta la proposta di revisione della Energy Performance of Building Directive (EPBD) che ha introdotto ulteriori vincoli per le nuove costruzioni e le ristrutturazioni: come abbiamo infatti riportato nell’articolo del 16 novembre, a partire dal primo gennaio 2027 tutti gli edifici nuovi utilizzati o di proprietà di enti pubblici dovranno essere “a emissioni zero”, mentre per tutti gli altri dal 2030.
Gli italiani e lo smart building
Cos’è nello specifico uno smart building? Ovviamente non si tratta unicamente di un edificio centrato sul risparmio energetico bensì di una struttura in grado di gestire in modo ottimale l’energia e fornire il miglior comfort possibile a chi vi abita, aumentando la consapevolezza dei residenti circa i consumi e il modo migliore per ridurli.
Gli impianti sono quindi gestiti in maniera automatizzata ed intelligente da un’infrastruttura di controllo, al fine di minimizzare i consumi e assicurare il benessere, la sicurezza e la salute degli occupanti (ad esempio ottimizzando i sistemi di condizionamento e di ventilazione o riducendo la rumorosità, tutti temi divenuti centrali con il lockdown), e garantire l’integrazione con il sistema elettrico. Grazie infatti ai sensori installati è possibile non solo gestire l’utilizzo di energia, ma anche monitorare le prestazioni e, in caso di malfunzionamento, intervenire sull’impianto prima che il guasto si verifichi.
Nonostante i vantaggi, secondo un’indagine condotta su circa 2500 individui solo il 9% si definisce ben informato sull’argomento e chi adotta oggi tecnologie smart, accollandosi gli ancora alti costi di installazione, è guidato più da motivi economici che dalla reale consapevolezza dei benefici.
I numeri del 2021 e le prospettive per il 2026
Nel 2021, gli investimenti per migliorare l’efficienza energetica degli edifici e garantire l’elettrificazione dei consumi hanno raggiunto quota 9,5 miliardi di euro, segnando il +25% rispetto al 2020. Questo escludendo i cosiddetti “cappotti” e le chiusure vetrate che da sole hanno portato un giro d’affari rispettivamente di 36 e 2,56 miliardi di euro.
Più nello specifico, i Building devices and solutions hanno registrato circa 6,5 miliardi di euro di investimenti (+ 44% rispetto al 2020), di cui 4 solo nel comparto Energy, 1,1 nelle soluzioni per la sicurezza di asset e persone ed 1 in quello relativo al comfort abitativo.
Confrontato con i Building devices, il mercato delle tecnologie digitali risulta invece più rallentato:
2,4 miliardi di euro per gli investimenti in Automation technologies e in Piattaforme di gestione e controllo nel comparto edilizio (+2,2% rispetto al 2020) con una predominanza della componente sensoristica (circa 818 milioni di euro, il 65% del totale).
Alla luce di questi dati, quali sono le prospettive di sviluppo?
Considerando la maturità tecnologica e di mercato, i prezzi, il quadro normativo-regolatorio, la disponibilità di materie prime e di manodopera, per il periodo che va da oggi al 2026 sono stati ipotizzati tre scenari:
- uno base, o peggiorativo;
- uno moderato, in cui i vari trend seguirebbero l’andamento degli ultimi 4-5 anni;
- uno accelerato, in cui a prevalere sarebbero invece gli effetti positivi derivanti dalle variabili considerate.
In linea generale, nel 2026 gli investimenti andrebbero dai 10,7 miliardi di euro dello scenario base ai 21 di quello accelerato.