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“Se la popolazione mondiale raggiungesse i 9,6 miliardi entro il 2050, potrebbe essere necessario l’equivalente di quasi tre pianeti per fornire le risorse naturali indispensabili per il sostentamento degli attuali stili di vita”.
Queste le parole di Giampiero Bambagioni, vice chair di United for Smart Sustainable Cities e professor of Economic evaluation of projects alla facoltà di Architettura, dell’Università Sapienza di Roma, durante l’apertura dell’evento “Esg, rigenerazione urbana e innovazione tecnologica per la crescita del real estate” organizzato da Deepki.
Bambagioni individua infatti con chiarezza tre temi di rilevanza strategica che si possono riassumere nei seguenti concetti:
- consumi energetici e resilienza degli edifici agli eventi idrogeologici e sismici;
- valore del patrimonio immobiliare pubblico sottoutilizzato o inutilizzato;
- rigenerazione urbana e qualità della vita.
“A livello Ue, gli edifici sono la principale fonte di consumo energetico (per circa il 40% del totale) e contribuiscono per il 36% delle emissioni di gas serra. Eppure, soltanto l’1% (dati Ue) del patrimonio edilizio viene rinnovato ogni anno”, ha sottolineato Bambagioni per poi continuare affermando che la ristrutturazione degli edifici esistenti potrebbe portare a significativi risparmi energetici, “in quanto potrebbe ridurre il consumo energetico totale dell’Unione europea del 5-6% e le emissioni di C02 di circa il 5%”.
Come si colloca l’Italia?
“In Italia esistono 12,2 milioni di edifici residenziali: di questi è possibile stimare che il 6,5% appartenga alle classi A1-A4 (la classe energetica più alta e quindi più efficiente, ndr), il 6,7% alle classi B e C, il 9,9% alla classe D, il 16,5% alla classe E, il 25,1% alla classe F e, infine, ben il 35,2% alla classe G, che è la fascia più bassa, ossia la meno efficiente”, le parole di Patrick Albertengo, AD di Reopla, società controllata dalla tedesca Sprengnetter.
Per quanto riguarda il livello di efficienza energetica, la situazione degli immobili italiani è tutt’altro che rosea. Commentando i dati di uno studio realizzato da immobiliare.it, Carlo Giordano, membro del consiglio di amministrazione del portale, ha infatti affermato che il 76% degli immobili venduti oggi sono meno efficienti dal punto di vista energetico (classe E o inferiore), in aumento di quasi il 10% rispetto a 5 anni fa: “Il patrimonio immobiliare italiano è un patrimonio ‘vecchio’. La maggior parte delle case in cui viviamo, infatti, sono state costruite a cavallo degli anni ‘60 e ’70, quando i materiali e la tecnologia a supporto dell’efficienza energetica, come anche la sensibilità verso le tematiche legate alla sostenibilità ambientale, non erano particolarmente sviluppati”.
Solamente l’11% del patrimonio immobiliare italiano può infatti essere definito ad elevata efficienza energetica (classe A o superiore) e in genere si tratta di edifici di nuova costruzione.
Lo studio di immobiliare.it riporta che rispetto al 2017 c’è stata un’impennata di quasi il 70% di case in classe A, dovuta in parte alla crescita di edifici “green” o riqualificati, ed in parte alla difficoltà da parte del mercato di assorbire immobili con costi così elevati.
Negli ultimi 5 anni la categoria energetica media (dalla classe B alla D) è stata l’unica ad aver ridotto di quasi il -30% la sua presenza sul mercato, rappresentando ora il 13% dell’offerta; questo perché si tratta della più appetibile dagli acquirenti.
Sebbene negli ultimi anni si sia assistito ad un aumento delle compravendite di immobili più efficienti, questi rappresentano ancora solo una minuscola fetta di tutte le transazioni nazionali. Secondo l’ultima analisi sul monitoraggio delle dinamiche del mercato immobiliare in funzione delle caratteristiche energetiche degli edifici, realizzata da Enea, l’Istituto per la Competitività (I-Com) e la Federazione Italiana degli Agenti Immobiliari Professionisti (Fiaip), solo il 30% degli acquisti del 2021 si riferisce a nuove costruzioni in classe A1.
Questo dimostra che il livello è ancora ben distante dagli obiettivi fissati dall’Unione Europea per il 2030, con una prevalenza di immobili in classe energetica G.
Quanto costa in più un immobile in classe A?
Uno dei fattori che spinge gli italiani ad acquistare ancora oggi immobili più datati è sicuramente il prezzo più basso. “Dall’analisi dei nostri dati interni, un edificio in classe A può costare mediamente il 31% in più rispetto al prezzo medio degli immobili della medesima città, arrivando a toccare il 47% di differenza su immobili di pregio o localizzati nei principali centri cittadini (Centro di Milano e Roma) – ha spiegato Albertengo – La differenza è inoltre sostanziale anche se si paragonano immobili ristrutturati rispetto a immobili nuovi in classe A, con una differenza di prezzo medio al metro quadrato, a livello nazionale, che raggiunge i 483 euro, ovvero il 25% in più se comparato con i 1.858 euro al mq, valore medio nazionale da noi rilevato”.
Milano e Roma a confronto
Guardiamo nel dettaglio la situazione di Milano e Roma: “Un immobile in classe A, in zona isola a Milano, potrebbe avere un prezzo di circa 980mila euro, contro i 741mila euro di un’immobile medio nella stessa città, mentre nel centro di Roma, per esempio nei pressi della fontana di Trevi, potrebbero volerci quasi 1,1 milioni di euro per un appartamento ad alta efficienza energetica, a fronte mediamente di 825mila euro necessari per acquistare un immobile non in classe energetica A”, ha puntualizzato Albertengo.
A questo punto la domanda sorge spontanea: per un investitore conviene optare per un immobile in classe A oppure sceglierne uno in classe G, per poi eventualmente ristrutturarlo a nuovo prima di venderlo o affittarlo?
Ecco la risposta di Albertengo: “Per un investitore con visione di investimento a breve-medio termine, immaginando che intenda rivendere tra 5-6 anni, considerati gli attuali incentivi alla ristrutturazione e un mercato non ancora sufficientemente maturo da accogliere con forte interesse l’efficientamento energetico, potrebbe ancora convenire oggi investire su immobili da ristrutturare, aumentandone la classe in fase di ammodernamento (difficilmente si va oltre la classe C). In caso contrario, data la crescente attenzione per la questione energetica, ancor più evidenziata dall’attuale crisi europea delle forniture fossili, un investitore che si pone obiettivi a lungo termine dovrà necessariamente orientarsi verso immobili energeticamente ottimizzati, al fine di mantenerne o incrementarne la rivendibilità nel prossimo futuro”.
Il vero valore degli immobili a bassa efficienza energetica
Per quanto di primo acchito la scelta di risparmiare acquistando un immobile di efficienza energetica media o bassa possa sembrare la più conveniente, gli effetti nel lungo periodo dimostrano in realtà il contrario. “Chi nel 2017 ha deciso di investire in una casa in classe E (o meno), probabilmente attirato dal prezzo conveniente, ha visto il proprio immobile perdere di valore, passando dai quasi 2.000 euro al metro quadro di media a poco più di 1.800, una flessione dell’8%. Le abitazioni in classe A, al contrario, si sono rivalutate del 2% in cinque anni, anche se meno di quanto abbiano fatto quelle in classe media che hanno conosciuto un aumento di valore del 5%, passando da 2.073 euro al metro quadro a 2.168”, hanno dichiarato da Immobiliare.it, sottolineando che sul medio periodo le classi dalla B alla D hanno rappresentato invece un buon investimento.
Inoltre, “È anche interessante notare come lo scarto percentuale tra il prezzo della classe alta rispetto a quella media si sia ridotto di 2 punti percentuali negli ultimi 5 anni (passando dal 21% al 19%), mentre con la classe bassa la forbice del prezzo sia aumentata di ben 7 punti percentuali (passando dal 25% al 32%)”.“La bassa efficienza, insieme alla non conformità alle nuove normative sul clima, può portare a una svalutazione degli immobili che rischiano in questo modo di non essere più appetibili per investitori, proprietà e tenant. Agire ora per migliorare l’efficienza energetica e la sostenibilità degli immobili è indispensabile sia per non mettere a rischio il valore del proprio portafoglio immobiliare, sia per riuscire a raggiungere dell’obiettivo di net zero entro il 2050 fissato dall’Ue” il monito di Claudia Scarcella, country manager di Deepki Italia.