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Il 31 marzo 2023 è sempre più vicino e con esso il termine entro il quale banche, fondi ed intermediari finanziari dovranno creare un piano d’azione per adeguarsi alle aspettative di vigilanza non vincolanti indicate dalla Banca d’Italia riguardo l’integrazione dei rischi climatici e ambientali nelle strategie aziendali, nei sistemi di gestione, controllo e gestione dei rischi e nell’informazione al mercato dei soggetti vigilati.
Il documento, pubblicato l’8 aprile 2022, ha identificato 12 aspettative destinate a tutti i soggetti il cui lavoro è vincolato all’autorizzazione e alla supervisione della Banca d’Italia ai sensi del Testo Unico Bancario e del Testo Unico della Finanza, nello specifico le SGR, le SICAF, le SICAV e le EUVECA.
Come gestire i rischi ed allinearsi alle aspettative della Banca d’Italia
Innanzitutto, si richiede un sistema di governance che tenga conto della gestione dei rischi climatici, un modello di business e una strategia in grado di resistere agli impatti dei rischi e una revisione dell’organizzazione e dei processi per adattarli alla gestione dei rischi.
Inoltre, si prevede che gli intermediari finanziari integrino un sistema di Enterprise Risk Management (ERM) che identifichi e gestisca i rischi climatici. Un sistema informativo che consenta quindi di monitorare l’esposizione ai rischi e tenga in considerazione l’impatto del clima nella definizione dei limiti di rischio.
Inoltre, si richiede:
- un continuo aggiornamento delle metodologie di valutazione dei rischi;
- la gestione del processo di finanziamento che prenda in considerazione il fattore climatico;
- la revisione del pricing degli investimenti alla luce dei rischi climatici.
Le aspettative della Banca d’Italia includono anche:
- la gestione dei rischi operativi;
- reputazionali e legali;
- la gestione del rischio di liquidità che prenda in considerazione il fattore climatico;
- una comunicazione al mercato e alle autorità sulla gestione dei rischi.
La Banca d’Italia ha presentato un questionario ad un campione di intermediari finanziari non bancari. L’obiettivo era valutare il livello di integrazione dei rischi climatici e ambientali nei loro processi. Ad oggi sono state riscontrate carenze significative soprattutto in relazione al modello di business, strategia, governance, sistema organizzativo e gestione del rischio.
Cosa sono i rischi climatici?
Quando si parla di rischi climatici, cosa si intende esattamente? È importante considerare che esistono due tipi di rischi: quelli “fisici” e quelli “di transizione”. Il rischio fisico si riferisce all’impatto economico derivante da eventi naturali come:
- fenomeni ambientali estremi (ad esempio, alluvioni, ondate di calore e siccità);
- eventi climatici che si verificano gradualmente (come l’innalzamento del livello del mare o la perdita di biodiversità).
Il rischio di transizione, invece, riguarda l’impatto economico derivante dall’adozione di normative volte a ridurre le emissioni di carbonio (ad esempio, l’imposizione di una carbon tax) e a promuovere lo sviluppo di energie rinnovabili, nonché dall’evoluzione della tecnologia e dei cambiamenti nelle preferenze dei consumatori e nella fiducia dei mercati.
Le criticità per il settore immobiliare
Il settore immobiliare risulta essere tra i più soggetti al rischio derivante dai cambiamenti climatici. In particolare alla luce del fatto che banche, fondi, intermediari finanziari e altri soggetti potrebbero avere in portafoglio asset da gestire e valorizzare. Questo adottando le giuste misure di mitigazione e adattamento in linea con le indicazioni della Banca d’Italia.
Il settore ha già sperimentato i rischi fisici diretti sugli edifici. Tuttavia anche i rischi di transizione, come la transizione a sistemi energetici basati su fonti rinnovabili, rappresentano un rischio significativo per il settore.
Rischi finanziari
Ciò espone il settore immobiliare anche a rischi di natura finanziaria come:
- la perdita di valore di mercato;
- l’aumento dei premi assicurativi;
- la difficoltà nell’attrarre conduttori a causa degli effetti dei cambiamenti climatici.
Secondo un rapporto del McKinsey Global Institute intitolato “Climate risk and response: Physical hazards and socio-economic impacts” pubblicato a gennaio 2020, i fenomeni climatici avranno un forte impatto sul valore degli immobili, con stime di svalutazione media tra il 15% e il 35% entro il 2050.
Pertanto, diventa urgente:
- valutare l’esposizione degli immobili ai rischi climatici;
- calcolarne l’impatto in termini di costi;
- intraprendere azioni di mitigazione tramite investimenti in efficienza energetica e tecnologie a basse emissioni.
Allo stesso tempo, è necessario investire in azioni di adattamento per limitare la svalutazione degli asset dovuta all’esposizione ai rischi climatici fisici.
Strategie per proteggere il portafoglio e conformarsi alle normative della Banca d’Italia
Per comprendere i rischi climatici sul proprio patrimonio immobiliare occorre affrontare una sfida complessa ed elaborare un piano di azione allineato alle aspettative di Bankitalia. A tale scopo, è importante integrare il tema dei rischi climatici nella cultura e nella strategia aziendale.
Ciò richiede interventi mirati: una revisione dell’organigramma, dei regolamenti e delle procedure che regolano la composizione e le responsabilità del CdA e dei Comitati manageriali. Si tratta infatti di un passaggio fondamentale per definire in modo adeguato le responsabilità e le procedure operative. È inoltre importante farsi affiancare da esperti in grado di fornire consigli sulla strategia da adottare e sulle azioni da intraprendere.
Ma non solo. È importante individuare strumenti per favorire la valutazione dei rischi climatici, identificare i possibili pericoli e stabilire la loro importanza in base alla posizione dell’immobile. Questo considerando sia i rischi attuali che quelli emergenti. L’utilizzo di dati aperti forniti da enti pubblici, ricercatori e climatologi può essere utile per valutare l’esposizione ai rischi climatici degli immobili del portafoglio. Queste analisi possono aiutare a identificare gli immobili più esposti ai rischi climatici per tipo, utilizzando una scala da 1 a 5.
L’analisi della vulnerabilità
È importante anche analizzare la vulnerabilità degli immobili, che dipende dalle loro caratteristiche intrinseche e dalla loro capacità di adattarsi ai cambiamenti climatici. Un’ottima pratica è quella di raggruppare gli immobili in categorie omogenee per identificare le loro vulnerabilità in modo più efficiente.
Si tratta di passaggi fondamentali per sviluppare un piano d’azione concreto per l’adattamento e per pianificare investimenti mirati a rendere il portafoglio immobiliare più resiliente e preservare il suo valore di mercato.