Negli ultimi anni, il fenomeno delle case a 1 euro in Italia ha conquistato l’attenzione dei media internazionali, attirando investitori da tutto il mondo con la promessa di un investimento immobiliare affascinante, economico e dall’alto valore simbolico. Ma dietro questo apparente affare si celano complessità strutturali, vincoli tecnici e una realtà urbanistica spesso trascurata. Un’iniziativa dal grande potenziale, che tuttavia rischia di rimanere un’icona romantica senza un’efficace visione strategica e sistemica.
Case a 1 euro: un’idea virale, ma ancora frammentata
Il concetto di casa a 1 euro nasce per contrastare il crescente spopolamento dei piccoli borghi italiani, offrendo immobili abbandonati a un prezzo simbolico, a patto che vengano ristrutturati entro limiti temporali prestabiliti. Tuttavia, pur ispirando narrazioni cinematografiche e progetti di ritorno alle origini — come il film La Dolce Villa — l’iniziativa non ha ancora espresso appieno il suo potenziale rigenerativo.
Dal 2009 ad oggi, sono solo 77 i comuni italiani ad aver aderito al progetto, distribuiti in 14 regioni, con una forte concentrazione nel Mezzogiorno: 30 in Sicilia, 7 in Calabria, 6 in Sardegna. La maggior parte di questi si trova in contesti con meno di 3.000 abitanti, spesso privi di adeguati presidi tecnici e servizi essenziali. Senza una rete infrastrutturale solida e una progettualità integrata, anche il miglior investimento rischia di restare incompiuto.
Investire nelle case a 1 euro: vantaggi e rischi da valutare
Chi conosce a fondo il mercato immobiliare italiano sa che, dietro l’apparente occasione, si nasconde quasi sempre un edificio in stato di degrado, inserito in territori marginalizzati e infrastrutturalmente deboli. Acquistare una casa a 1 euro, dunque, significa molto più che versare una cifra simbolica: richiede risorse, visione e una rete di supporto tecnico e amministrativo che raramente è già operativa a livello locale.
«Il fascino dell’Italia autentica continua ad attrarre, ma gli ostacoli non mancano», osserva Alessandra Puglisi, cofondatrice della società di consulenza Re Ad, insieme ad Angelo Rago. Re Ad si occupa di accompagnare investitori internazionali nell’acquisto e nella rigenerazione di immobili in Italia, offrendo un approccio strutturato e servizi su misura, in stile e-commerce, dedicati a chi vuole investire partendo dall’estero. L’obiettivo: trasformare l’investimento in una leva culturale oltre che patrimoniale.
Forte interesse dall’estero, ma servono strumenti adeguati
L’interesse globale per le case a 1 euro è tangibile. Secondo i dati di Re Ad, il 50% delle richieste proviene dagli Stati Uniti, seguiti da Regno Unito (20%), Canada (7%), Germania (6%), Australia (4%), Singapore (3%) e Svizzera (2%). Nel solo 2024, oltre 8.100 famiglie straniere hanno acquistato una proprietà in Italia, con una spesa media di 617.284 euro e un investimento complessivo che ha superato i 5 miliardi di euro (fonte: Scenari Immobiliari).
Non si tratta più solo di un trend culturale, ma di una reale opportunità strategica per l’economia locale. Gli investitori esteri, spesso con un’elevata disponibilità finanziaria, vedono in questi immobili un’occasione per creare valore, contribuendo al recupero di territori spesso legati alla loro storia familiare. E proprio per questo, i vincoli associati — come l’obbligo di completare la ristrutturazione entro tempi prefissati o la stipula di garanzie fideiussorie — non rappresentano un deterrente, ma un impegno accettabile in un’ottica di investimento consapevole.
L’occasione esiste, ma va strutturata
Oggi esistono fondi consistenti per sostenere progetti di rigenerazione urbana. Il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) ha destinato per il ciclo 2021–2027 ben 77,9 miliardi di euro a dodici aree strategiche, tra cui rientrano riqualificazione, infrastrutture e servizi. A questi si aggiungono oltre 1 miliardo di euro stanziati dal PNRR per il rilancio dei borghi con meno di 5.000 abitanti.
Tuttavia, come evidenzia Puglisi, «le case a 1 euro non sono una soluzione in sé, ma possono essere un volano efficace se inserite in una strategia urbana ben delineata, dotata di strumenti tecnici, governance locale e operatori capaci». La chiave è affiancare l’iniziativa a un progetto organico che includa l’analisi tecnica degli edifici, una rete infrastrutturale adeguata, servizi per la comunità e un piano di attrazione del capitale umano.
Buone pratiche territoriali: 4 modelli virtuosi
Alcune regioni italiane stanno già tracciando modelli replicabili:
- Campania: con il programma Borghi Salute e Benessere, ha coinvolto 48 reti territoriali e oltre 300 comuni.
- Marche: hanno investito 110 milioni nel rilancio dei borghi interni.
- Toscana: ha creato un quadro normativo organico per la Toscana diffusa, con 2,3 milioni destinati a locazioni e incentivi per chi si trasferisce in aree montane.
- Sicilia: ha attivato 11 aree interne, tre delle quali finanziate con 397 milioni nell’ambito della Strategia Nazionale per le Aree Interne.
Questi esempi dimostrano che un approccio integrato, basato su visione di lungo periodo e sostenibilità, può realmente attivare processi di rigenerazione virtuosi.
Competenze operative: il vero nodo
La vera criticità, tuttavia, non è la mancanza di risorse, ma l’assenza di competenze operative. I dati di OpenCoesione 2025 lo dimostrano: solo il 18% dei progetti del ciclo FSC 2014–2020 è stato completato, mentre nel ciclo 2021–2027 la percentuale scende al 2%. Questo gap evidenzia l’urgenza di rafforzare la capacità di pianificazione e gestione a livello locale.
Case a 1 euro: un’opportunità da non perdere
Le case a 1 euro rappresentano una leva di trasformazione concreta solo se accompagnate da visione strategica, supporto tecnico e operatori esperti. Il capitale c’è, così come l’interesse da parte di investitori nazionali e internazionali. È il momento di agire in modo sistemico, trasformando un simbolo suggestivo in un progetto di rigenerazione autentica. Solo così questa iniziativa potrà passare da suggestione mediatica a modello reale di sviluppo sostenibile per i borghi italiani.