Rispetto allo scorso anno il mercato delle aste immobiliari in Italia ha raggiunto appena un timido +3%. A riportarlo è Reviva, la prima startup del Paese specializzata in questo settore che sottolinea quanto l’aumento dei tassi di interesse e l’inflazione abbiano avuto un impatto negativo su questo mercato. Quest’anno la società ha infatti registrato 191.253 aste, per un valore complessivo di 13,2 miliardi. Un valore inferiore del 25% rispetto al 2019, anno in cui tutte le operazioni si sono potute svolgere a pieno regime prima della pandemia e del conseguente rallentamento delle procedure da parte dei tribunali.
“L’anno è in realtà iniziato con un segnale positivo rispetto al 2021 in termini di vendite fissate, ma da luglio una parabola discendente ha portato a una chiusura fortemente negativa: c’è quindi incertezza sul panorama del 2023, a causa proprio del trend in calo, nonostante il pareggio del numero di aste complessivo”, le parole di Giulio Licenza, co-fondatore & CBDO di Reviva. “La riduzione di NPLs in questi anni è stata marginale e ora si trova in aumento a causa dei nuovi default. Questo significa che tanti crediti non hanno ancora una procedura di recupero giudiziale attiva e che, delle procedure esecutive attivate nei tribunali, solo il 37% ha visto almeno un’asta fissata nel corso dell’anno, sintomo di rallentamenti che persistono ancora probabilmente a causa delle sospensioni in periodo pandemico”.
Anche il valore degli immobili in asta in Italia è diminuito del 7% rispetto al 2021: il valore medio di 122 mila euro del 2020 è diventato infatti di 113 mila nel 2021, per poi scendere ulteriormente nel 2022, arrivando a 106 mila euro.
Una delle cause di questa diminuzione è che solo il 37% delle procedure esecutive pendenti nei tribunali ha visto un’asta fissata durante l’anno, chiaro segno che il 63% di queste sono ancora “inattive”. Quali sono le conseguenze? Gli stessi immobili finiscono più volte all’asta e, a causa delle aste deserte (ovvero quelle in cui non ci sono offerte) subiscono ribassi di prezzo prima di essere nuovamente messi in vendita. Il totale di questi ribassi ha infatti causato una svalutazione di 2,2 miliardi nel solo 2022, con una media del 29% durante l’anno.
Gli edifici che hanno subito una maggiore svalutazione sono stati gli alberghi e gli stabili industriali, mentre gli immobili residenziali (che a causa della ripresa delle procedure sospese durante la pandemia avevano un prezzo medio molto superiore alla media nella prima parte dell’anno), hanno registrato valori simili a quelli dell’anno precedente.
Anche il numero di procedure esecutive pendenti nei tribunali in Italia è diminuito. Un dato piuttosto controverso, specialmente alla luce del fatto che, nonostante il numero di NPL sia molto simile a quello del 2015 e persino in aumento, si sia verificato un calo delle procedure esecutive in corso nei tribunali. Le cause ipotizzate per spiegare questo fenomeno sono legate all’incremento del tempo necessario per avviare nuove procedure relative ai crediti deteriorati ceduti dalle banche ad operatori specializzati, oltre al fatto che l’avvio di una procedura esecutiva comporta importanti costi per i creditori, che in questo contesto di incertezza sulla vendita successiva potrebbero preferire attendere condizioni migliori.
È possibile quindi che le aste rappresentino il futuro del mercato immobiliare?
Secondo l’analisi di Reviva, il 77% dei lotti in asta ha un prezzo inferiore a 100.000 euro. Ciò rende spesso possibile agli acquirenti di non dover ricorrere a un finanziamento per l’acquisto dell’immobile, evitando così di essere influenzati dall’aumento dei tassi di interesse. Un fattore non da poco, che potrebbe rendere questi immobili un buon investimento, sia per gli investitori immobiliari, sia per chi è in cerca della propria casa ideale.
“Migliorando la vendita degli immobili in asta attraverso una corretta attività di marketing e parallelamente aumentando progressivamente le aste fissate e le procedure iscritte, si possono aumentare recuperi e sostenere così il mercato immobiliare in un momento di congiunture delicate”, la conclusione di Ivano De Natale, co-fondatore & CEO di Reviva. “Al momento abbiamo in portfolio oltre 10.000 immobili all’asta affidati, con un controvalore di oltre 1,1 miliardi di offerta minima aggregata, riuscendo ad emergere nel mercato proprio grazie alla tecnologia utilizzata e alle competenze di marketing immobiliare, che ci hanno permesso di aumentare significativamente le vendite degli immobili in asta per conto dei nostri clienti”.
Reviva ha infatti recentemente avviato un nuovo ciclo di raccolta di capitali con un obiettivo di 2,5 milioni di euro. Di questi, 500 mila euro sono già pervenuti dagli attuali soci che hanno reinvestito e da Invitalia. Questa operazione segue le due precedenti fasi avvenute nel 2021, quando la startup ha raccolto 250.000 euro da business angel a marzo e altri 300.000 euro a luglio. Attualmente, Reviva ha nel suo portafoglio oltre 10.000 immobili in asta, con un controvalore di oltre un miliardo di euro di offerta minima aggregata e 24 clienti attivi (tra investitori in NPL, banche e servicer), che rappresentano circa il 50% del mercato. La società ha registrato un aumento del 41% delle aggiudicazioni, del 21% nell’aumento del prezzo di vendita e del 18% nella diminuzione dei tempi di aggiudicazione degli immobili in asta.
Nel primo semestre di quest’anno ci sono state 108.137 aste in tutta Italia, un numero che rappresenta un aumento del 16,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, anche se è ancora in calo del 17,5% rispetto al 2019, ultimo anno prima del biennio pandemico. Questo trend è simile a quello del primo trimestre dell’anno, ma già mostrava un leggero rallentamento rispetto ai primi tre mesi del 2022, durante i quali ci sono state 52.627 aste, con un aumento del 17,7% rispetto al primo trimestre del 2021 e una flessione del 10%, quindi meno marcata, rispetto allo stesso periodo del 2019.