Il mattone è da sempre il bene rifugio per eccellenza degli italiani ed oggi rappresenta oltre un quinto del Prodotto Interno Lordo. Nel 2021 infatti, il settore delle costruzioni e dell’immobiliare ha sfiorato il 21% del PIL (20,9%) rendendo il real estate uno dei grandi perni dell’economia del Paese.
Mentre le attività immobiliari hanno avuto una contrazione del 3,5%, grazie al Superbonus il peso dell’edilizia ha avuto un forte incremento, arrivando a registrare un +11%.
I numeri, resi noti dall’ultimo aggiornamento al rapporto annuo Futu.re sui servizi immobiliari in Italia, a cura di Scenari immobiliari, ha fornito un’istantanea del buono stato di salute del real estate nel nostro Paese.
Ma non solo. Nella prima parte dello studio sono stati messi a confronto i dati delle cinque principali economie continentali, rivelando che quella italiana non è in realtà un’eccezione: anche nel resto dell’Europa infatti il peso dell’immobiliare sul Pil va da un minimo del 18,4% in Germania al 21,2% del Regno Unito. La seconda parte dell’analisi si concentra invece sul mondo dei servizi, partendo dalle attività di asset management e di gestione del risparmio.
Nonostante il forte impatto del settore, gli operatori italiani sono oggi ancora molto lontani dai livelli internazionali: il portafoglio immobiliare delle prime dieci società nazionali ha un valore totale di 71 miliardi di euro, appena un sesto dei 418 miliardi gestiti dal leader mondiale, Blackstone.
È indubbio però che il 2022 si chiuderà in maniera positiva per i fondi immobiliari: le previsioni per la fine dell’anno sono di 601 veicoli di investimento (31 in più dello scorso anno) ed un patrimonio netto di 102 miliardi di euro, ben 7 in più rispetto al 2021.
La fetta principale è composta dagli uffici, che rappresentano oggi il 58,5% del totale, seguiti dal commerciale, che però ha solo un 13,2%.
A fine 2021 i fondi controllavano 10.100 immobili per una superficie complessiva di circa 40 milioni di metri quadrati (valore che rappresenta poco meno dell’1% rispetto allo stock immobiliare complessivo) dimostrando un enorme potenziale di sviluppo.
Il valore totale degli immobili posseduti dai fondi si aggira intorno al 2% rispetto al totale nazionale mentre il valore medio degli immobili gestiti è di 2.700 euro per mq, il doppio della media italiana.
In riferimento al settore del property management, ovvero la gestione materiale degli immobili (incasso dei canoni di locazione, programmazione delle attività di manutenzione), appena un terzo delle imprese oggi gestisce in autonomia la proprietà degli immobili, mentre due terzi hanno delegato l’incarico a società specializzate.
Il portafoglio delle società analizzate per il rapporto è composto principalmente da uffici e strutture logistiche, mentre risultano in calo rispetto agli scorsi anni gli edifici residenziali.
Una parte dello studio curato da Scenari Immobiliari è dedicata alle figure professionali che si occupano di valutazione e consulenza, fondamentali per le operazioni condotte dagli investitori istituzionali.
Vi è ad esempio chi fornisce una vera e propria attività di scouting, cercando immobili o portafogli in vendita per gli investitori a caccia di rendimenti, o chi ricerca per i proprietari degli immobili strumentali affittuari che diano garanzie di affidabilità.
Sono inoltre in aumento i professionisti che curano attività legate agli immobili problematici, come la gestione e cartolarizzazione degli Npl (Non-performing loan) e le aste immobiliari.
Gli NPL, che nel 2021 avevano toccato i 321 miliardi di euro, raggiungeranno per la fine del 2022 un importo inevitabilmente più alto. Inoltre, il 72,5% degli Npl è “secured”, ovvero coperto da garanzia immobiliare.
Per quanto riguarda invece le aste immobiliari, dopo il blocco causato dalla pandemia, il consuntivo stimato per il 2022 sarà di 205 mila procedure, per un valore teorico degli immobili di 30,5 miliardi di euro. Numeri destinati ad aumentare, raggiungendo nel 2023 225mila aste e 33,5 miliardi. Di questi, il 52% riguarderà aste per immobili residenziali.