Le difficoltà dovute alla crisi energetica e geopolitica hanno avuto un impatto importante sul quadro economico delle piccole e medie imprese italiane. Nonostante questo gli investimenti nella transizione ecologica non devono fermarsi, pena maggiori rischi di default per il futuro.
Ad affermarlo è il rapporto Pmi 2022 Osservitalia curato da Cerved, che sottolinea in quale misura la crisi abbia ridotto le aspettative di ripresa economica. Secondo l’indice di rischio prospettico di Cerved infatti, nello scenario peggiore le Pmi in area di sicurezza passerebbero dall’attuale 46,7% al 35,7% mentre quelle rischiose salirebbero dal 5,7% al 7,5% e quelle vulnerabili dal 13,9% al 20,8%.
Malgrado l’attuale crisi, però, il rapporto Cerved evidenzia la necessità delle imprese di non allentare la presa sulla gestione della transizione verso un’economia sostenibile. Chi non adotterà provvedimenti per limitare i rischi legati ai cambiamenti climatici, nel 2050 si ritroverà, infatti, a fare i conti con il 25% in più di probabilità di default rispetto a oggi, e il 44% in più di chi invece investe fin da ora.
“Complessivamente, l’investimento che le Pmi dovrebbero sostenere per finanziare fin da ora il processo di transizione è di circa 135 miliardi di euro entro il 2030. Abbiamo stimato, però, che l’indebitamento aggiuntivo in condizioni di sicurezza delle Pmi italiane sia di circa 81 miliardi di euro, quindi oltre la metà degli investimenti necessari potrebbe essere finanziata con un aumento dell’indebitamento senza un impatto significativo sulla solidità finanziaria. Una transizione ordinata richiede la partecipazione attiva di tutti gli attori, dal sistema politico a quello produttivo e bancario” le parole dell’A.D. di Cerved, Andrea Mignanelli.
L’impatto nei vari settori
Facendo riferimento al rischio di fallimento nei macrosettori economici, le quote di imprese in area di sicurezza calano del 13,8% nell’industria e dell’11,6% nei servizi.
L’ipotesi invece più pessimistica stilata dall’analisi vede invece nel 2023 in calo tutti i comparti, ad eccezione del settore delle costruzioni, mentre quella moderata ritiene che, seppur con una decelerazione, i fatturati reali continueranno a salire.
Il settore con la maggiore crescita stimata, cumulata nel biennio 2022-2023, è quello agricolo (+6,7%), seguito da costruzioni (+4,7%) e servizi (+4,5%). L’industria si ferma a +2,5%.
Alla luce di questo, quali sono quindi le opportunità che si aprono per le aziende che operano nel settore immobiliare?
Di certo il fatto che le costruzioni si inseriscano in una sorta di safe zone permette a chi opera nel settore di tirare un sospiro di sollievo. Sappiamo infatti quanto sia fondamentale che l’Italia si impegni e investa in maniera in maniera preponderante in costruzioni ad alta efficienza energetica, al fine di adeguarsi agli obiettivi europei ed aumentare del 50% il tasso di ristrutturazione profonda (che oggi è pari al 5,1%) e, di conseguenza, nonostante gli aumenti delle materie prime e il complicato contesto economico attuale, il settore delle costruzioni avrà sempre nuova linfa.
Per quanto riguarda invece gli investimenti immobiliari a tutto tondo, chi opera già da tempo nel settore e, oltre a possedere competenze e risorse, conosce le peculiarità del mercato, sa benissimo che sono proprio i momenti più complessi quelli in cui è possibile ottenere i risultati migliori.