Sebbene il tentativo di sbloccare lo stallo dei crediti d’imposta generati dal Superbonus continui ad essere al centro della scena politica italiana, l’ultima bozza del decreto Aiuti-quater (che il governo ha già varato una settimana fa ma su cui sta definendo alcuni significativi ritocchi prima di inviarlo al Quirinale) presenta una novità importante, ovvero la possibilità – su richiesta del cessionario – di spalmare in 10 anni lo sconto in fattura o il credito da cedere in quote annuali di pari importo.
L’obiettivo della norma, integrata al testo del provvedimento, ha come obiettivo quello di rianimare il mercato dei crediti, bloccato anche dai problemi di capienza fiscale prodotti dalla moltiplicazione degli sconti nella corsa al Superbonus.
Dopo gli acquisti massivi dei mesi precedenti, nell’ultimo periodo molti grandi player del mercato – come Poste italiane e la quasi totalità del sistema bancario – avevano dato l’alt ai crediti. Secondo la normativa in vigore, il credito va ceduto integralmente o per singola annualità ad un acquirente in grado di scontarlo dalle proprie tasse. Al contrario, la proposta di diluire l’importo in 10 anni permetterebbe di attutire il peso delle rate annuali che, di conseguenza, sarebbero più digeribili dagli istituti di credito.
Ma non solo. Una dilazione decennale permetterebbe di ridurre il carico annuale anche per i conti pubblici, consentendo una migliore e più efficiente gestione dei 38,7 miliardi di bonus aggiuntivi rispetto agli stanziamenti del bilancio dello Stato.
La rateizzazione sarà però possibile solo per le operazioni perfezionate entro lo scorso 10 novembre. Questo significa anche se da un lato la manovra cerca di agevolare il meccanismo dei crediti d’imposta già riconosciuti, finisce per lasciare scoperto l’altro lato della medaglia, ovvero la necessità di aprire un varco alle cessioni anche dei crediti futuri di un Superbonus.
Nei giorni scorsi il governo ha affidato l’onere di rimettere mano al tema ad un tavolo tecnico di confronto, aperto con i costruttori e il sistema bancario.
“Bisogna capire se dalle banche arriverà una proposta opportuna” ha affermato da Bali il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. “Salvo il pregresso, lo Stato non può continuare a garantire il ritmo del credito d’imposta attuale. Bisogna capire se da parte del sistema bancario arriva una opportuna proposta”. Perché un conto è la gestione ordinata degli sconti fiscali, altro è l’illusione, rivelatasi rovinosa per i conti pubblici, di creare dal nulla una moneta fiscale.
L’obiettivo della maggioranza è anche definire in maniera più dettagliata i tempi della stretta sul superbonus dal 110% al 90%. E il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ha parlato di “ipotesi allo studio” per abbracciare le esigenze chi si trova “in situazioni di indigenza”, soprattutto per i condomini, proponendo la “creazione di un fondo, che possa integrare” il 10% per coprire il 100% delle spese. Un fondo quindi, che sarà quantificato solo nella versione finale del provvedimento alla Ragioneria generale dello Stato, il cui scopo è quello di supportare con un contributo le spese delle persone fisiche titolari dei redditi (a quoziente familiare) che danno diritto al nuovo Superbonus sugli immobili unifamiliari.
Un lavoro intenso che prosegue in parallelo a quello sulla manovra, attesa per lunedì 21 novembre in Cdm e che dovrebbe fare da ponte verso l’unificazione dei bonus edilizi.
Il viceministro alle Finanze Maurizio Leo, indica che la “percentuale unica” degli sconti oggi suddivisi in vari gradi di generosità a seconda dell’intervento, avrà inizio nel 2024. Inoltre, i pesanti problemi di gestione del carico sui conti pubblici, potrebbero indurre il governo ad anticipare al 2024 l’atterraggio a quota 65% del decalage già scritto per il Superbonus, che con le regole attuali scenderebbe invece quell’anno al 70% per ridursi al 65% solo nel 2025.